Troppe parole. Ci sono troppe parole sull’Egitto. Troppe parole e poche immagini. Le parole dei tanti che usano termini politologici (o politici, piuttosto?) svuotandoli del loro significato primario. Rivoluzione, colpo di stato, regime, terrorismo… Troppe parole sbagliate, che nascondono altre parole. Per esempio: Massacro. Abuso dei diritti umani. Repressione. Stravolgimento di strumenti istituzionali come i tribunali, la macchina della giustizia, il potere esecutivo. E, soprattutto, un termine che descrive ciò che è cominciato oggi al Cairo, con la strage a opera di militari, forze di sicurezza, polizia e baltageyya nello ‘sgombero’ (sgombero? Ho sentito persino questa parola per spiegare un massacro in piena regola) di Rabaa El Adaweya: guerra civile.
Quello che molti di noi (analisti, amanti dell’Egitto) temevano ha avuto inizio oggi. La strage del Cairo. Le chiese cristiane bruciate in varie parti del Paese. La trama strappata della società egiziana. Il ‘fratello contro fratello’. E sopra a tutto, il regime che tenta di ri-prendere il controllo di un Egitto che non è più quello del 2010.
Che nessuno, però, interpreti questa come una evenienza della storia in cui l’uomo non ha parte alcuna. Questa è una tragedia annunciata, stra-annunciata che ha responsabili, esecutori, mandanti, vittime. Questa è la morte di una rivoluzione inclusiva che non ha, nel 30 giugno, il suo secondo atto. Proprio perché il 30 giugno del 2013 non è stata una rivoluzione inclusiva. Piuttosto, semmai, il primo atto di uno scontro tra forze, fazioni e poteri che non volevano con-dividere il futuro dell’Egitto.
I vizi di origine della primavera del 2011, anzitutto l’incapacità di togliere ai militari il potere di gestire e indirizzare la rivoluzione di Tahrir, sono alla base della tragedia alla quale stiamo assistendo. Con un dolore che blocca l’esofago, sale alla gola e contrae i muscoli. L’Egitto esplode perché parte dei rivoluzionari ha creduto che facendo un patto con le forze armate non ne sarebbe stato fagocitato. L’Egitto ha cominciato a esplodere nel momento nel quale ha applaudito ai caccia dell’aviazione egiziana in parata sopra il cielo di Tahrir, nell’esaltazione di un popolo che si è messo (ancora una volta) nelle mani del sistema repubblicano nato con Gamal Abdel Nasser pensando di liberare se stesso da un’altra occupazione del potere. L’occupazione compiuta dalla leadership conservatrice dei Fratelli Musulmani.