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Egitto, Siria, quei diritti inalienabili di pace e libertà

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In Egitto nelle ore appena scorse si è compiuto un massacro, centinaia di morti e feriti, secondo le stime ufficiali, mentre i fratelli musulmani parlano di 4500 vittime. Chi è in Egitto e ha assistito al bagno di sangue racconta di 2300 morti e di più di 7000 feriti. Domani sono previste altre manifestazioni contro il governo che ha già annunciato di voler continuare con questa sanguinaria repressione. Sui social network vengono postate le immagini di questo orrore, dall’Egitto ci chiedono di condividere le immagini e le notizie per far conoscere al resto del mondo quello che sta accadendo.

Una persona oggi mi ha mostrato alcune foto di un suo amico, nella prima ho visto un uomo sorridente con le sue due bimbe piccole in braccio, nell’ultima lo stesso uomo morto. “Il popolo egiziano merita di più di quanto abbiamo visto negli ultimi giorni” questo è quanto ha detto oggi il Presidente Obama annunciando la cancellazione dell’esercitazioni congiunte con l’Egitto e evitando di esprimersi riguardo ad una eventuale sospensione dei finanziamenti militari al paese. A chi giova la situazione terribile in cui vivono Siria e Egitto? Quanto i governi si adoperano per cercare soluzioni di pace in Medio Oriente? Poche ore fa un’autobomba è esplosa a Beirut causando 20 morti. In Egitto in questi giorni di inaudita violenza 22 chiese sono state date alle fiamme.

Leggendo i commenti riguardo le notizie dei paesi di lingua araba trovo troppo spesso generalizzazioni scaturite da pregiudizi, purtroppo constato che per molti italiani l’essere musulmano equivale ad essere un terrorista. Mi capita frequentemente di leggere parole di odio e ogni volta  penso ad Hannah Arendt che diceva che il male non può mai essere radicale, ma solo estremo; e che non possiede né una profondità, né una dimensione demoniaca. Può ricoprire il mondo intero e devastarlo, precisamente perché si diffonde come un fungo sulla sua superficie. E’ una sfida al pensiero perché il pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle radici delle cose, e nel momento che s’interessa al male viene frustrato, perché non c’è nulla. Questa è la banalità. Solo il Bene ha profondità, e può essere radicale.

Dovremmo assolutamente fare lo sforzo di andare oltre i nostri pregiudizi e cercare i tanti punti in comune che ci sono con le persone che come noi mangiano, lavorano, amano i loro figli, hanno amici come noi, anche se provengano da altri paesi, parlano una lingua diversa e professano una fede differente alla nostra. E’ nostro dovere, anche se siamo persone piccole che non hanno influenza nella società, sforzarsi di coltivare una mentalità diversa, chiedere ai nostri governanti di perseverare nelle vie del dialogo perché non può essere realizzata la propria sicurezza personale quando in altri paesi si vive l’orrore della violenza, a maggior ragione adesso che l’escalation del conflitto sempre allargarsi ogni giorno.

Siriani, Egiziani, le persone con cui ho parlato in questo periodo mi hanno sempre manifestato i loro desideri di pace e libertà. Mi viene in mente una canzone di León Gieco “Solo le pido a Dios” che recita: “a Dio chiedo solo che la guerra non mi sia indifferente perché questa è un grande mostro che cresce forte sulla povera innocenza della gente”.


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