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Berlusconi, altro che agibilità politica

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Il sindaco di milano Pisapia, giurista e democratico a 18 carati ha ricordato che i cittadini possono commentare sia le leggi che le sentenze, perché anche questa è democrazia. L’unico che non può commentare la sentenza è il giudice che l’ha pronunciata.
Malissimo dunque il presidente Esposito a non attenersi a questo principio e a farlo con linguaggio da piazza del Mercato; malissimo a non dimettersi, essendo questo il solo modo per rimediare a uno “sbrego” se non della Costituzione, dei regolamenti e soprattutto del costume e della dignità istituzionale.
Di un altro personaggio che non ha voglia di dimettersi, come gli impone di fare una sentenza definitiva, si parla di più o di meno (secondo i giornali) pur trattandosi dell’uomo che, come scrisse Dante di Semiramide, “che libito sé lecito in sua legge”.
Molti italiani sono convinti che Berlusconi sia dunque vittima di una legge che lui vorrebbe, quella della “ libito”, ma che i giudici non applicano; e se ne dolgono perché vorrebbero volentieri che quella legge esistesse per tutti loro. E cosi nel paese di Pulcinella si stanno rovesciando i fatti reali: un reparto di Strumtruppen chiede di anticipare alla prossima settimana il giudizio del Csm su Esposito, già anticipato al 5 settembre; mentre altre falangi della stessa orda respingono la richiesta di qualche senatore grillino di anticipare la discussione sulla decadenza dell’ex premier da senatore fissata per il 9 settembre. Insomma, grazie alla peggiore “napolitanità” di un giudice, si è riusciti a lanciare all’opinione pubblica forzista una ciambella anche a giochi chiusi, definitivamente chiusi.
Ora si aspetta che il Quirinale faccia sapere la sua in merito all’articolo 87 (concede la grazie e commuta le pene), che è un ricalco pari pari dell’articolo 8 dello Statuto Albertino. Da tempo immemorabile, tutta la letteratura giuridica definisce questi atti formalmente presidenziali ma sostanzialmente del ministro di Giustizia, cui spetta ricevere le istanze e conoscere i fatti, anche se il presidente della Repubblica “fosse venuto informalmente a conoscenza di particolari situazioni” (Zagrebelsky 1990). In tal caso, l’iniziativa presidenziale dovrebbe essere estremamente riservata e cautelosa, “per evitare flagranti disuguaglianze fra i condannati” (Rescigno).
Tutte riflessioni che sono ben presenti al Capo di uno Stato democratico. E speriamo lo siano altrettanto a tutto il Pd. Mentre Letta, usando il solo linguaggio che i forzisti capiscano, fa sapere che se il governo cadrà gli italiani pagheranno l’Imu a settembre e a dicembre; i cautelosi costituzionalisti del Pd, uscendo dalla sbornia di congressi e regole pro o contro Renzi o altri, ricordano che con la legge Severino, applicabile retroattivamente, Berlusconi non si può candidare: a prescindere dall’interdizione se maturata o meno al momento delle elezioni. Altro che agibilità politica del leader maximo. Per il resto, le toghe nere, cerchino pure rimedio al Tar, cui ricorrono tutti i genitori imbestiati con presidi e professori che bocciano i loro fogli, invece di dargli qualche lezione affinché studino di più.


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