La notizia è arrivata come un macigno. Lama Al Atassi, una politica di Homs molto nota in Siria, segretaria generale del Fronte Nazionale Siriano, ha scritto stamane sul suo profilo facebook: “Con il massimo rammarico comunico di avere notizie confermate da una fonte ben conosciuta che Padre Paolo è stato giustiziato. Dio benedica la sua anima”. La fonte a cui si riferisce la Atassi è il sito arabo “Zaman Alwsl” secondo cui un alto ufficiale dell’esercito ribelle («Free Syrian Army») avrebbe confermato l’uccisione di padre Dall’Oglio a Raqqa, nel nord-est della Siria. La notizia è stata immediatamente smentita dalla Farnesina e anche dal Vaticano che invitano alla massima cautela. Sulla vicenda, peraltro, diverse organizzazioni non governative attive in Siria hanno espresso perplessità. L’Osservatorio per i diritti umani in Siria, con sede a Londra, ha negato che abbia avuto luogo l’esecuzione del gesuita. “Si tratta di gruppi che diffondono notizie false per attirare attenzione senza alcuna moralità”, ha scritto su twitter Jad Bantha, ricercatore e esperto di social media attualmente in Siria. Bantha nelle ultime settimane ha divulgato molte informazioni sulla sorte di padre Dall’Oglio e considera le fonti che hanno diffusole ultime notizie “inaffidabili” . Il 30 luglio, all’indomani della scomparsa del religioso italiano che in Siria chiamano “padre Abuna”, Bantha sosteneva di averlo incontrato sano e salvo e che si stava recando a Raqqa per trattare la liberazione di due vescovi ortodossi rapiti da un gruppo di estremisti jihadisti vicini ad Al Qaeda. Padre Paolo, arrivato a Raqqa, l’unico capoluogo di provincia siriano nelle mani dei ribelli, aveva lasciato la città per incontrare in un luogo sconosciuto Abu Bakr al Baghdadi, l’emiro dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante, a cui sono collegati gli jihadisti del Fronte al Nusra. Il vescovo metropolita Timotheus Matta Fadil Alkhouri, assistente patriarcale nel Patriarcato Siro-Ortodosso di Antiochia, conferma di aver sentito che padre Paolo Dall’Oglio voleva “fare qualcosa per i rapiti”, i vescovi di Aleppo Mar Gregorios Ibrahim e Paul al-Yazigi, “ma – aggiunge – non sappiamo con quali gruppi aveva preso contatto”. “Nelle condizioni date – si appella il vescovo , “ci interessa solo avere da chiunque, governi, Ong, forze e persone di buona volontà presenti in quelle zone, qualsiasi indicazione utile e concreta relativa alla situazione dei vescovi Ibrahim e al-Yazigi, e anche a quella del sacerdote armeno cattolico Michel Kayyal e di quello greco ortodosso Maher Mahfouz, rapiti lo scorso 9 febbraio”. Nei giorni scorsi i Servizi italiani avevano affermato che per Padre Dall’Oglio era già in corso una trattativa con i rapitori per la sua liberazione. Le trattative erano state definite “avviate”. Del resto basta leggere il sito arabo che ha diffuso la notizia per capire che probabilmente si tratta della solita guerra di propaganda. Nella parte inglese del sito, che abbiamo letto, c’è un’accusa precisa contro i servizi segreti di Assad che avrebbero “la piena responsabilità della morte del gesuita” essendosi introdotti, e qui sta il paradosso, all’interno del “gruppo islamico che ha rapito padre Paolo”. Padre Paolo a giugno aveva anche lanciato una petizione su Change.org per chiedere a Papa Francesco, gesuita come lui, di attivarsi per aiutare il popolo siriano. Certamente “padre Abuna” è considerato un grande nemico dal regime di Assad, che lo aveva anche espulso, ma si ha l’impressione che ora sia sfruttato mediaticamente proprio da quelli che vuole aiutare. Pino Scaccia