Non appena si è diffusa la notizia che il gran giorno del rimpasto governativo era arrivato, la reazione di Al Shabab è esplosa rabbiosa e con due sanguinosi attentati nella capitale Mogadiscio è riuscita a bloccarne, per ora, la realizzazione.
Il rimpasto portava con sé una forte carica innovativa e di coesione di tutte le componenti claniche e della società civile. Sarebbero stati chiamati cinquanta nuovi esponenti allargando così la democratizzazione e la partecipazione all’azione del governo del popolo somalo. Sarebbe stato troppo per i fondamentalisti islamici che avevano già promesso un’intensificazione dell’attività terroristica durante questo Ramadan ed in particolare avevano messo nel mirino sia il Presidente Mohamud che il Primo Ministro Shirdon considerati strumento degli infedeli così come la Turchia che ha tradito l’Islam tradizionale sposandone uno più moderato.
E proprio contro l’Ambasciata di Turchia si è scatenato uno dei due attentati di ieri. Approfittando dell’apertura del cancello dell’Ambasciata per consentire l’uscita di un’auto, tre kamikaze a bordo di un’altra auto si sono precipitati all’interno del cortile dove si sono fatti esplodere provocando la morte di un militare e quattro feriti civili tra i turchi. I somali deceduti sono stati invece sette tra cui i tre attentatori.
L’attentato all’Ambasciata turca ha un forte valore simbolico. La Turchia è stata il primo paese ad attivarsi direttamente verso la Somalia durante la carestia di due anni fa e Erdogan è stato il primo capo di un governo non africano a visitare Mogadiscio sul finire della transizione. Turca è stata anche la prima linea aerea occidentale a riprendere voli regolari bisettimanali verso Mogadiscio dopo la guerra civile. La Turchia è oggi il paese che più di tutti è impegnato per la ricostruzione della Somalia. L’attentato vuole interrompere questo particolare sostegno e unanime è stata la condanna per il vile attacco.
L’altro attentato ha seguito una tecnica recentemente adottata dagli Al Shabab. Le auto degli esponenti pubblici, temporaneamente parcheggiate lungo la via, vengono innescate con cariche di tritolo che esplodono quando il proprietario riprende la guida. Così è successo tre giorni fa all’auto di un parlamentare che aveva fatto shopping nella città vecchia.
Con lo stesso metodo ieri è stata fatta esplodere l’auto del cassiere del Ministero dei lavori pubblici. Uno dei passeggeri è morto e altri due sono rimasti feriti.
Due attentati in un giorno solo sono stati troppi per convocare una conferenza stampa ed illustrare le conquiste nel nuovo esecutivo. Il Primo Ministro Shirdon ha dovuto invece convocare il Consiglio Nazionale di Sicurezza per discutere le reazioni agli attentati assieme al Ministro della difesa ed a quello dell’Interno.
E proprio quest’ultimo oggi è andato a riferire in Parlamento sia sulla regione del Jubaland, teatro nei giorni scorsi di forti tensioni tra Somalia e Kenya, che sulla situazione a Mogadiscio. Con un decreto del Presidente Mohamud, in serata sono stati decapitati i vertici dei servizi di sicurezza della Regione di Barandir cui appartiene Mogadiscio.
Non sempre però le cose vanno bene agli artificieri di Al Shabab. All’inizio della scorsa settimana alcuni di loro sono esplosi all’interno di un’abitazione dove stavano preparando un ordigno. Tra loro è morta anche una donna.
E anche le rivalità all’interno di Al Shabab sono sempre più evidenti. Il capo indiscusso dell’organizzazione terroristica, Godane, ha mandato dalla sua roccaforte costiera di Barawe un ultimatum al suo ex sodale Mukhtar Robow, che si è rifugiato nella regione meridionale interna di Bai e Bakol, offrendogli tre alternative: rientrare nell’organizzazione senza fiatare, restare a casa sua a bocca chiusa, finire ucciso come l’amico Al Afghani, recentemente giustiziato dalle truppe di Godane. L’insistenza sul silenzio cui deve attenersi Robow manifesta la conoscenza, da parte sua, di parecchi segreti che Godane vuole mantenere riservati. Eppure proprio nei giorni scorsi il Ministro della difesa Habdihakim Haji Mohamud Fiqi è volato a Baidoa, capitale della regione Bai e Bakol. Che Godane sia arrivato tardi? Del resto, bombe o non bombe e nonostante il sangue versato, il rimpasto governativo è slittato solo di qualche giorno. La vita in Somalia continua seppure frenata dall’àncora denominata Al Shabab che viaggia sul pianeta Somalia con le spalle voltate rispetto alla direzione di marcia.