dossier Ristretti orizzonti
Un suicidio ogni 5 giorni, un decesso ogni 2: questo il tragico bilancio di questo primo scorcio del 2012 nelle carceri italiane. L’età media dei detenuti che si sono tolti la vita è di 35 anni, 6 erano stranieri e 14 italiani.
Altre 23 persone sono morte in cella per “cause naturali” (avevano un’età media di 40 anni), mentre su 14 decessi sono in corso indagini volte ad appurarne le cause.
Impressionante la “serie storica”: dal 2000 ad oggi sono 712 i detenuti che si sono tolti la vita (58 di media l’anno) e 1.990 il totale dei decessi in carcere (160 di media l’anno).
Nello stesso periodo nelle carceri della Turchia, dove sono richiusi circa 100mila detenuti, i decessi sono stati poco meno di 1.000 (dati del Consiglio d’Europa).
Un raffronto che la “dice lunga” sulle attuali condizioni detentive nelle carceri italiane.
L’ultimo caso
Davor Brletic, 33enne serbo che il 18 aprile aveva tentato il suicidio nel carcere bresciano di Canton Mombello è deceduto ieri nel reparto di rianimazione dell’ospedale Civile di Brescia dove era ricoverato dopo il gesto estremo, effettuato subito dopo l’arresto. L’uomo era stato trovato in cella, impiccato al soffitto con un lenzuolo. Soccorso ed immediatamente trasferito in ospedale, le sue condizioni erano apparse subito molto critiche.
Il più giovane
Alessandro Gallelli è il più giovane dei detenuti suicidi nel 2012: aveva solo 21 anni e si è impiccato, usando una felpa come cappio, nel carcere di San Vittore a Milano.
La vittima della legge “svuota-carceri”
Youssef Ahmed Sauri aveva 27 anni e in carcere non ci è mai entrato: si è ucciso strangolandosi con una striscia di coperta legata attorno al collo in una delle “camere di sicurezza” della Questura di Firenze. Era stato arrestato poche ore prima nel Pronto soccorso dell’Ospedale di Santa Maria Nuova, per resistenza e lesioni a Pubblico ufficiale.
La vittima della legge “Bossi-Fini” sull’immigrazione
Alina Diachuk, 31 anni, ucraina, ha preferito la morte all’espulsione: si è tolta la vita il 16 aprile in una stanza nel Commissariato di Villa Opicina, una frazione di Trieste, dove vengono temporaneamente trattenute le persone straniere in attesa di essere accompagnate alla frontiera, strangolandosi con il cordino della felpa. La donna, scarcerata dal “Coroneo”, era trattenuta nei locali di Villa Opicina in attesa degli adempimenti amministrativi finalizzati alla sua espulsione.