Non possiamo sapere quanti tra (tutti) noi dovremmo chinare il capo in segno di colpevole ignavia nei confronti di mamma Rosi trucidata dal padre di suo figlio, ma siamo certi che ce ne stanno e tanto basta. Un piccolo bimbo di Palermo che ha assistito al martirio di sua madre e che per ore ha vegliato terrorizzato il corpo inzuppato nel sangue di lei, fino a quando sono rientrati in casa i suoi nonni che con loro due convivevano per proteggerli dal mostro. Ora il piccolo è annientato, annullato, travolto dal trauma: possiamo solo sperare che equipe di capaci professionisti possa tirarlo fuori dall’inferno terreno, sì da restituirgli tutta la possibile speranza per esistenza normale dovutagli per diritto naturale se non proprio civile…
L’amore condiviso (che mai ci fa sentire soli) è la medicina migliore. Ma allora perché il piccolo sarà affidato a una casa famiglia, in attesa d’essere dato in adozione? La risposta sta in “i nonni sono poveri e anziani per occuparsi di lui”. Sappiamo che l’adozione prevede per legge parametri legati all’età e alle possibilità economiche della coppia che adotta e ci pare giusto. Ma in questo caso non abbiamo capito. Questi genitori straziati dalla morte della loro figlia sono i nonni (ovvero i parenti più stretti) del piccolo che li riconosce e dunque in loro ripone la fiducia rimastagli per il grande amore ricevuto e da lui donato, subito dopo l’amore della sua mamma che gli è stato depredato con quella violenza.
I nonni non sono “vecchissimi” e men che meno affetti da demenza. Forse poveri invece lo sono, ma questa non è certo una colpa, men che meno reato! Dunque perché far loro scontare, oltre a quella già inflitta (cfr. il “capo chino” di cui s’è parlato sopra) l’ulteriore pena di vedersi disconoscere il solo amore che ancora possiedono? E, dunque, perché privare il piccolo dell’unico amore scambievole che possiede?
Questo piccino umano ha prima di tutto bisogno d’amore e immediatamente dopo d’assistenza psicologica adeguata: siamo noi (tutti!), Stato, a dovercene fare carico giusto per quanto riguarda il fattore economico. E’ il minimo che possiamo fare per cercare di compensare le nostre (inqualificabili per ignavia e/o impotenza) precedenti mancanze.