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Ma quale Agenda digitale!

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L’Agenzia per l’Italia Digitale è l’organismo che deve attuare l’agenda digitale europea in Italia. Per assolvere a questo compito, che avrebbe come effetto una maggiore efficienza e trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni, l’ammodernamento delle infrastrutture di rete e digitali, una migliore competitivtà delle imprese e l’abbattimento del digital divide, nell’Agenzia sono state fuse quattro entità di ricerca, vigilanza e indirizzo. Ma l’Agenzia non decolla. La sciatteria nella formulazione dello statuto, i giochi di vertice della cabina di regia ministeriale che la controlla, le denunce alla corte dei conti contro il suo direttore, insieme all’assenza dei decreti attuativi dell’agenda digitale, rendono l’impresa ardua se non impossibile. Eppure da ogni parte si alza il grido d’allarme per un’economia digitale che non riesce a produrre benessere in un paese che sarebbe capace di competere nel mondo su ricerca, innovazione e servizi. Alla base di questa difficoltà c’è l’incapacità della politica di stabilire la direzione che l’Agenzia deve prendere. Chi tira verso ferraglia e infrastrutture e chi tira verso servizi, settori che fanno capo a cordate differenti. Manca una “vision” strategica di politica industriale che riduce il nostro paese a terreno di conquista per le multinazionali estere. Per affrontare la situazione Letta ha nominato Francesco Caio “Mr. Agenda Digitale”. Ma “a mezzo servizio”. Il manager ha infatti dichiarato che svolgerà l’incarico per passione civile. L’anomalia italiana continua.


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