Ieri era la Giornata mondiale del libro e in Catalogna i librai regalavano una rosa per ogni volume venduto. Noi non siamo in Catalogna: qui ci sono rimaste solo le spine. Oggi, martedì 24 aprile, gli autori de Il Casalese, biografia non autorizzata dell’ex sottosegretario e deputato Pdl di Casal di Principe Nicola Cosentino, saranno al tribunale di Napoli per l’udienza che li vede contrapposti al fratello dell’onorevole, Giovanni, titolare dell’Aversana Petroli, società leader nella vendita e distribuzione del carburante in Campania e non solo. Cosentino chiede al tribunale che l’editore, la Cento Autori, faccia sparire il libro dal mercato e distrugga le copie rimanenti. E chiede che gli sia riconosciuto un risarcimento danni pari a 1 milione e 200mila euro.
Scriveva Indro Montanelli parlando del “dover essere giornalista” un pensiero che vale la pena di riportare, oggi: «La deontologia professionale sta racchiusa in gran parte, se non per intero, in questa semplice e difficile parola: onestà. È una parola che non evita gli errori: essi fanno parte del nostro lavoro. Gli sbagli generosi devono essere riparati, ma non macchiano chi li ha compiuti. Sono gli altri, gli sbagli del servilismo e del carrierismo – che poi sbagli non sono, ma intenzionali stilettate – quelli che sporcano».
Lo riporto per spazzare via una certa idea sull’infallibilità del cronista. Si sbaglia, eccome se si sbaglia. E chiunque si senta offeso ha il diritto di chiedere conto, lo garantisce la legge. Il problema è quando questo conto non è giustificato dai fatti. Quando questo conto è talmente alto, massiccio, imponente, da rappresentare un ostacolo insormontabile. Nessuno ha dimostrato che in questo libro, scritto da nove giornalisti vi siano elementi diffamatori o peggio ancora, invenzioni.
Ma metti una piccola casa editrice di Villaricca, paesone-dormitorio in provincia di Napoli al confine col Casertano, teatro delle vicende narrate ne Il Casalese. Metti un editore che non vive di editoria ma fa il farmacista e ha l’idea di curare con le medicine i malanni del corpo e coi libri quelli dello spirito. Metti che alle presentazioni del libro, a Napoli come a Roma, spuntano come funghi gli avvocati di Cosentino, pronti ad annotare, replicare, chiosare. Dove non arrivano i legali, arrivano le loro lettere “informative”, giunte anche a due parlamentari della Repubblica: «Per renderevi noto – scrivono – che nei confronti del libro Il Casalese è stata già depositata presso il Tribunale di Napoli, sezione proprietà industriale ed intellettuale, una richiesta ex articolo 700 c.p.c.di sequestro del manoscritto, date le numerose false informazioni gravemente diffamatorie in esso contenute e riguardanti la onorabilità e professionalità del nostro assistito». Ciò, nonostante non vi sia ad oggi un solo pronunciamento giudiziario sul libro.
A Napoli la calunnia è “‘a parulella”. Cioè una parola detta a mezza voce, piazzata lì quasi inconsapevolmente. È un venticello. E qualche giornale “di rispetto” in Terra di Lavoro sta facendo uno strano lavoro, su questo libro. Instillando dubbi, mettendo “la parulella” sul lavoro nostro e dell’editore. Non stupisce: accadde a suo tempo con don Peppino Diana.
Di fronte a certa calunnia, di fronte a certe pressioni legali è ben poca cosa il nostro agitarci e indignarci: servono prese di posizioni forti. Serve che chi ha la voce la faccia sentire. Che si carichi un poco di questa rabbia che abbiamo noi in corpo e ci porterà – si spera – in tutt’Italia a raccontare del Casalese e della malapolitica campana, della mancata selezione della classe dirigente e degli stessi nomi, sgranati come in un rosario, sempre gli stessi, gli stessi protagonisti della scena politica a Napoli come a Caserta, a Pagani come a Gragnano a Casal di Principe, Casapesenna, Castel Volturno.
Siamo in buona compagnia: “Sandokan” di Nanni Balestrini fu subissato da azioni legali e Einaudi ebbe difficoltà a ristamparlo; l’ex presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro chiese il sequestro del dvd “La mafia è bianca”; il tribunale pontificio ordinò il sequestro di “Via col Vento in Vaticano”. Anche “Cose di cosa nostra” rischò il sequestro e l’aveva scritto, insieme a Marcelle Padovani, il giudice Giovanni Falcone.
Oggi, dunque, faremo la nostra parte: aspetteremo pazientemente la lunga fila per arrivare agli ascensori del Tribunale di Napoli. Saliremo e una volta lì attenderemo, sereni. Una sentenza? Un ennesimo rinvio? Poi torneremo a fare la nostra parte. Scrivere e testimoniare, per nulla macchiati dalle calunnie, assolutamente sereni. Ma decisi, decisi ad andare fino in fondo.
Buona giornata del libro.