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Il “grande fratello” Obama e il vizio dello spionaggio cibernetico USA/Cina

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Un paese di forti tradizioni democratiche e un altro dalla storia recente e passata di illiberalità, Usa e Cina, si trovano sulla stessa barricata nel moderno vizio del potere politico ai tempi della globalizzazione: lo spionaggio cibernetico. Entrambi spiano centinaia di milioni di loro cittadini che parlano tra loro o con persone di mezzo mondo (per via telefonica o tramite il WEB), per la stessa ragione divenuta ormai quasi un assunto  “trascendentale”: la sicurezza del paese nella lotta contro il terrorismo internazionale. Troppo facile inventarsi di continuo un “nemico alla porte”, che può addirittura far conto dell’aiuto di qualche “quinta colonna”, di “traditori della patria” nascosti tra i concittadini di uno stesso paese! E’ un antico escamotage usato nei secoli dalle oligarchie di tutto il mondo, che ha portato solo lutti e distruzioni.

Ed è fin troppo comodo da parte delle istituzioni internazionali chiudere tutti e due gli occhi e tapparsi le orecchie per non sentire né vedere che ormai siamo al controllo illegale e invasivo non tanto della privacy degli individui nei paesi democratici, quanto all’ossessione pervasiva e ipermaniacale delle classi dominanti, per cercare di sapere tutto di tutti e, all’occasione, utilizzare i mega-dati e le informazioni derivate, sottostanti, per avere in pugno gruppi sociali, ambienti culturali, oppositori politici e partner o concorrenti economici, industriali e finanziari. A livello europeo, solo il Gruppo dei Parlamentari Socialdemocratici ha posto degli inquietanti interrogativi alla Commissione Europea, chiedendo che vengano chiariti i rapporti tra le i gestori di TLC e fornitori dei socialnetworks europei e quelli americani, oltre ad avere assicurazioni dalle autorità americane circa la privacy e la sicurezza dei dati per i cittadini dell’Unione. Ma è più una formalità che una levata di scudi. Obama, infatti, resta un’icona per il movimento progressista e democratico internazionale. E quindi le sue scelte politiche non si contestano più di tanto! Chi attacca Obama, secondo questa tesi che sta passando anche sui media non conservatori, farebbe il gioco dei poteri forti e degli ambienti finanziari conservatori. Errore madornale, ma intanto sta calando una sottile coltre di nebbia grigia e appiccicosa su l’intera questione del “Cybergate”.

Questo tipo di spionaggio diffuso (perché di spionaggio di Stato si tratta e non di controllo democratico degli “obiettivi sensibili” per motivi di sicurezza, autorizzato da magistrati indipendenti e su precise indicazioni in merito ad inchieste di polizia), attraverso Echelon, Prism o i supercomputer alla Cry Jaguar, alla Titan o alla cinese Tianhe, sono la nuova frontiera dell’oppressione di massa da parte di alcuni settori oligarchici i quali, nonostante i regimi di appartenenza (democratici o repressivi, progressisti o conservatori), vogliono tenere sotto osservazione in ogni istante la vita degli esseri umani, determinarne le inclinazioni culturali e consumistiche, sfruttarne le debolezze, atterrirne le angosce, mantenere il potere in sicure mani, anche oltre l’alternanza elettorale. Perseverare, insomma, il sistema neocapitalistico, bloccando l’estendersi di nuove filosofie e tendenze di cambiamento della società. La tecnologia e la ricerca scientifica avanzate sono il loro punto di forza, i settori delle comunicazioni le loro reti di diffusione, i media la panacea che veicola il “pensiero dominante”: al terrorismo fondamentalista, alle guerre di religione, agli attentati indiscriminati, alle rivolte contro i regimi autocratici e illiberali, occorre approntare risposte sofisticate e penetranti, anche invasive e lesive delle “libertà fondamentali”. Questa appare oggi la “sottile linea rossa” da preservare, fino alla deriva angosciante del tipo “Le vite degli altri” di staliniana memoria, come nella ex- Repubblica Democratica Tedesca ai tempi della Guerra fredda.

Agli inizi degli anni Settanta, alcuni autorevoli saggisti americani (collana “gli Struzzi” – Einaudi libri) scrivevano che il nuovo vero business del futuro sarebbe stato il terrorismo e la lotta al terrorismo. Avevano ben profetizzato! Non solo, dalla guerra in Iraq abbiamo assistito all’escalation delle cosiddette “agenzie di contractor” vere e proprie società di mercenari (alcune emanazioni di finanziarie quotate in Borsa o di impiantistica petrolifera, tipo Halliburton) che hanno l’appalto della sicurezza delle forze armate americane o di alcune operazioni di “rastrellamento”; ma anche all’espansione dei sistemi di controllo, prima mascherati nei motori di ricerca e nei socialnetwork come meccanismi di “ricerca di mercato” e catalogazione dei clienti, e poi “passati” ai gestori di controllo delle agenzie di spionaggio, concretizzando l’immenso pericolo di un “Grande fratello” diffuso, che spia e compila dossier su chiunque nel mondo. Sostenevano un tempo i grandi esperti di spionaggio e controspionaggio che, una volta messo sotto controllo una quantità diffusa di soggetti, fossero pure tutti i cittadini di uno stesso stato, a quel punto l’Intelligence non ha più possibilità di fare azione di contrasto contro i pericoli per la sicurezza. Tutt’al più questa massa enorme di informazioni servirebbe a formulare dossier particolari, che settori separati e infedeli dello stato potrebbero utilizzare per scopi di dubbia legalità, quand’anche con finalità ricattatorie. Più gente si controlla, insomma, meno si ha una visione d’insieme dei nemici e dei possibili obiettivi del terrorismo; ma anzi si apre la strada a devianze e strumentalizzazioni.

Anche perché, ed è quanto analizza un ex-dirigente dei servizi segreti inglesi, l’ MI6, sull’Huffington Post Usa, Matthew Dunn (oggi scrittore di successo di romanzi spionistici), è molto difficile individuare e mettere sotto controllo i cosiddetti “Lupi solitari”, autori dei più efferati atti terroristici. A supporto di questa tesi, Dunn ricorda gli ultimissimi attentati come quelli alla Maratona di Boston, l’uccisione brutale del soldato inglese nel quartiere londinese di Woolwich e l’accoltellamento in fotocopia del militare francese a Parigi. Dove erano i servizi di sicurezza interni, come l’FBI, l’NSA, quando dovevano analizzare i comportamenti dei due fratelli americani di origine cecena? E l’MI5 o Scotland Yard in Inghilterra erano forse intasati di informazioni riservate su milioni di cittadini di sua maestà oppure intenti a schedare parlamentari e giornalisti, come denunciato più volte dai tabloid?

Con lo spionaggio intensivo ed invasivo odierno, sostiene Dunn, si potrà pure intercettare qualche lupo solitario: “ ma la maggior parte di loro scivolerà attraverso la rete. La migliore tattica che le società democratiche possono adottare per combattere i terroristi radicali, cresciuti in casa, è quello di affrontare la causa stessa. Dobbiamo comunicargli l’orgoglio per la nostra storia,il  patrimonio artistico, il multiculturalismo, il liberalismo,la  politica, arte e letteratura e le cose che abbiamo fatto con le nostri mani. Ho parlato con ex-estremisti che fortunatamente non si sono mai trasformati in terroristi e invece hanno girato le spalle al radicalismo per il semplice motivo che sono diventati maturi e responsabili. Tutti mi hanno detto la stessa cosa: nessuno si sedette con loro anni fa a parlare e sistematicamente e coerentemente a smantellare la propaganda estremista.  Ma per fortuna erano stati “nutriti” dai concetti fondamentali di un paese democratico e hanno vissuto all’interno  quelle verità che includono il fatto che se un cittadino non è d’accordo con qualcosa che sta facendo il suo governo, egli può protestare, esprimere liberamente le sue opinioni e in definitiva votare contro il suo governo alle prossime elezioni”.

A più riprese, negli ultimi anni, l’Occidente aveva protestato contro le autorità di Pechino per la sua intromissione su Google, fino a inventarne uno alternativo di sana pianta, e per le continue richieste di avere i nomi e le matrici-chiave dei cinesi che utilizzano i socialnetwork. Ora, americani e cinesi cercano addirittura un’intesa per bloccare gli hacker e lo spionaggio industriale cibernetico rivolto specialmente alla ricerca scientifica. Usa e Cina, insomma, si trovano sullo stesso lato della barricata, nonostante le promesse elettorali di Obama di contrastare la deriva da “Grande fratello”, presa dalle amministrazioni precedenti conservatrici del repubblicano George W. Bush, come ricorda il professore di Yale David Bromwich sempre sull’Huffington Post. Appena eletto, sembrava che Obama volesse cambiare pagina, ma poi ha proseguito nella politica di spionaggio iniziata da Bush, arrivando mettere sotto controllo anche il traffico delle carte di credito e la maggiore agenzia di informazione, l’Associated Press. Con la scusa della lotta al terrorismo internazionale e attraverso l’illiberale Patriot Act (che i democratici nella loro propaganda hanno sempre osteggiato, ma mai abrogato), anche Obama sembra aver  dimenticato i principi fondativi della Costituzione americana, quel Quarto Emendamento così caro alla cultura liberal e che il professor Bromwich ricorda: “Il diritto delle persone ad essere sicure nelle loro persone, case, carte e affetti contro irragionevoli perquisizioni e sequestri, non potrà essere violato e non si rilasceranno mandati di perquisizione se non su fondati motivi sostenuti da giuramento o da dichiarazione solenne e con descrizione precisa del luogo da perquisire e delle persone da arrestare o delle cose da sequestrare. Per poi domandarsi provocatoriamente: “ In base a quale diritto le comunicazioni di 280 milioni di cittadini sono state prese e registrate? Da quale giuramento o affermazione tale atto è supportato? In fin dei conti c’è un forza semplice nelle parole utilizzate nel quarto emendamento: non vivremo di leggi segrete e non tollereremo ingiunzioni di massa”.

E in casa nostra? Con le reiterate tentazioni berlusconiane e non solo di mettere il bavaglio alla stampa, di ridurre al lumicino le attività di ricerca della magistratura e di diffusione delle “cronache giudiziarie” da parte dei giornalisti e di censurare la Rete, sembra si stia costruendo un humus fertile per arrivare a stringere le maglie delle libertà fondamentali. Su questa strada si fanno spazio anche propositi di controllo, più o meno legale, delle comunicazioni via telefono e via WEB, sempre per gli strumentali motivi di “sicurezza nazionale” e di “collaborazione con le nostre organizzazioni alleate”: NATO e Agenzie di Intelligence varie. Ma per fortuna qualche autorevole commentatore, esperto in materia, si dice più che preoccupato ed esce allo scoperto, come Francesco Pizzetti, Presidente di Alleanza per Internet e già Garante per la Privacy dal 2005 al 2012.

Ecco quanto ha dichiarato recentissimamente al sito specialistico on-line Key4biz: Francamente nessuno finora aveva ipotizzato forme di controllo così invasive e totalizzanti, e dunque ora mi aspetto che le Autorità europee adottino tutte le iniziative necessarie per sapere se sono stati trattati anche dati di cittadini  europei (cosa che mi pare inevitabile) e aprire di conseguenza il necessario e duro confronto con le Autorità americane. Aggiungo che Alleanza per Internet adotterà ogni iniziativa utile per stimolare le nostre Autorità e quelle europee a reagire, come è giusto. Si sono disposte forme di controllo globale, indipendentemente dall’esistenza di qualunque indizio o elemento di reato, e indipendentemente da qualunque attività di indagine in corso. Una cosa che non è compatibile con una società democratica se non per tempi limitatissimi, in presenza di situazioni di pericolo eccezionali e comunque sempre sulla base di leggi, procedure e poteri chiaramente definiti.

Considero del tutto doveroso che il garante italiano, così come fece il Collegio da me presieduto, assuma, di intesa con le altre Autorità europee, iniziative immediate e decise, stimolando in questo senso anche il Governo e la Commissione Europea. Non escludo che vi sia chi, anche in buona fede e credendo di aumentare la garanzia di sicurezza del Paese, potrebbe tentare di imitare gli USA. Mi attendo però che in questo caso sarebbero prima di tutto i nostri fornitori dei servizio a rifiutarsi, ben sapendo che rispondere positivamente sarebbe illecito e configurerebbe gravissime violazioni di rilevanza penale. Nell’ordinamento italiano solo l’Autorità giudiziaria può chiedere, e nei casi e modi previsti dalla legge, di conoscere dati di traffico telefonici o internet. Nessun altro  può farlo né è possibile alcuna forma di controllo che non sia disposta e consentita dal giudice”. 


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