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218 morti sul lavoro dall’inizio dell’anno

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Ad oggi 31 maggio 2013 sono morti sui luoghi di lavoro 218 lavoratori, più di 450  se si aggiungono i decessi sulle strade e in itinere.  Alla stessa data nel 2012 erano morti 240 lavoratori, si registra un lieve calo, ma occorre tenere presente che l’anno scorso c’è stato il terremoto in Emilia e che i disoccupati sono aumentati di oltre 2.000.000, e che anche la cassa integrazione ha raggiunto livelli mai toccati prima.
Vogliamo precisare che l’Osservatorio considera morti sul lavoro tutti i lavoratori che muoiono lavorando, indipendentemente dalla loro posizione assicurativa che spesso addirittura non esiste (lavoro nero).
Alcune percentuali sul totale dei decessi: 33,7% in agricoltura che ha superato l’edilizia, in questi ultimi due mesi c’è stata un’autentica carneficina di agricoltori morti schiacciati dal trattore 13 fino al 9 aprile e 33 dopo quella data, l’Osservatorio aveva mandato oltre 1000 mail per allarmare su questo pericolo per chi lavora all’aperto, a seguito della segnalazione del sito di meteorologia http://prevenzionemeteo.blogspot.it/  che mette in relazioni le morti sul lavoro all’aperto da noi segnalati, e gli infortuni gravi e mortali conseguenti, in questo blog ci sono previsioni mirate giornaliere per chi lavora all’aperto.

L’Edilizia ha avuto in questi primi 5 mesi il  28,2%% del totale delle morti sui luoghi di lavoro. A proposito vorremo segnalare l’infortunio mortale di  pochi giorni fa, per caduta dall’alto, in provincia di Fermo, di Claudio Smerilli all’età di 66 anni. E’ inconcepibile che un lavoratore a quell’età debba ancora lavorare sui tetti, e speriamo che questa morte non sia dovuta alla riforma Fornero che non ha fatto nessuna distinzione tra lavori pericolosi e quelli che non lo sono, nell’allungare di diversi anni l’età per raggiungere la pensione, Il 21,5% di tutti i morti sui luoghi di lavoro ha oltre 65 anni, una cosa vergognosa: oltre i 60 anni non  si hanno più i riflessi pronti e gli acciacchi rallentano i movimenti e i riflessi. Speriamo che il nuovo Ministro del Lavoro Giovannini abbia la forza e la volontà d’affrontare questo problema che oltre a togliere la vita a moltissimi lavoratori non permette alle nuove generazioni di trovare un lavoro. Il 16,6% delle morti sui luoghi di lavoro sono nei Servizi. L’autotrasporto ha avuto il 4,6% dei morti sul totale, in questo “conteggio” sono esclusi gli agenti di commercio e altri lavoratori che passano come vittime di “incidenti stradali”.

Nell’industria i morti sono stati il 6% sul totale delle morti sui luoghi di lavoro. Poi ci sono morti in altre categorie, ma che percentualmente non segnaliamo. Gli stranieri morti sui luoghi di lavoro sono il 9,8% sul totale e i cugini romeni da soli sono oltre il 50% di tutti i morti sul lavoro tra gli stranieri. Sui luoghi di lavoro il triste primato spetta alla Lombardia con 28 morti, segue la Sicilia con 21 mortil’Emilia Romagna con 19il Piemonte 18, il Veneto con 16, la Liguria con 15, la Campania con 13, la Puglia con 12, il Lazio con 11,  la Calabria con 10, le Marche con 9la Sardegna con 8la Toscana e L’Abruzzo con 6l’Umbia e il Trentino Alto adige con 4la Basilicata e il Friuli con 2il Molise con 1.  Le province di Roma, Torino, Chieti e Cosenza con 6 morti sono quelli con più vittime sui luoghi di lavoro. La provincia di Genova registra 12 morti a causa della tragedia che ha colpito la città l’8 maggio dove morirono 9 lavoratori nel porto. Ci sono poi i lavoratori  morti sulle strade e in itinere che sono giustamente considerati a tutti gli effetti morti per infortuni sul lavoro, ma per i quali non esiste nessuna normativa di protezione o che ne analizza le cause. Occorre ricordare che sono più dei morti sui luoghi di lavoro. Moltissimi sono annoverati tra i morti per incidente stradale, ma in realtà gran parte di questi sono lavoratori che si spostano sulle strade e autostrade, dal sud al nord o viceversa e spesso nascondono lavoro nero che è impossibile riuscire a quantificare complessivamente.

I cittadini hanno una visione sbagliata del fenomeno che è molto più esteso di quello che si percepisce. Si ha la percezione che a morire siano soprattutto operai nelle fabbriche mentre sono “solo” il 6% dall’inizio dell’anno, nel 2012 la percentuale era delle stesse dimensioni.  Anche in questo caso il calo, rispetto agli anni precedenti è dovuto principalmente alla crisi, e le morti si concentrano soprattutto nelle piccolissime aziende, dove non esiste il sindacato o un rappresentante della sicurezza, e la prevenzione non esiste. Lo Stato e le Istituzioni locali spendono milioni di euro per corsi sulla sicurezza che a nostro giudizio non servono a niente, se non a riempire le tasche di chi li organizza, che non hanno una vera utilità per chi dovrebbe essere sensibilizzato e istruito su questo tema visto che non vengono coinvolte le categorie che hanno più vittime. Agli agricoltori che muoiono schiacciati dal trattore che non ha nessuna protezione, cosa viene offerto in termini di conoscenze, aiuti per migliorare i mezzi e prevenzione? E per gli edili che muoiono con le stesse percentuali in piccolissime aziende, che cadono dall’alto o travolti dai mezzi che guidano loro stessi o i loro colleghi, o dal materiale che stanno manovrando cosa si fa? Che conoscenze si danno e cosa si fa per rendere più sicuro il lavoro a persone che spesso non conoscono neppure l’italiano e lavorano in nero o in grigio per 10 o 12 ore al giorno svolgendo attività faticose e poco sicure? Per non parlare del fatto che grazie alle nuove normative volute dalla Fornero e da Monti si deve lavorare fino a quasi 70 anni, età in cui spesso non si ha un perfetto stato di salute, i riflessi sono lenti e nel caso di lavori così pericolosi e faticosi si tratta di componenti micidiali, non a caso i morti sui luoghi di lavoro ultrasessantenni sono numerosissimi.

Risulta molto frustrante dover fare tutti gli anni le stesse osservazioni e vedere i dati delle solite statistiche considerate “ufficiali” che ti dicono che i morti sono molto meno numerosi di quelli monitorati dall’Osservatorio. Questo cosa significa? In realtà con la scusa della diminuzione si fanno anche minori controlli e si risparmia risorse sulla Sicurezza.
Come abbiamo già avuto modo di dire le statistiche ufficiali a nostro parere sono fuorvianti perchè accorpano morti sui luoghi di lavoro e decessi sulle strade e in itinere che sono un’altra cosa. L‘assicurazione INAIL in itinere è sacrosanta, ma come si fa a non differenziare CHIARAMENTE, quantitativamente e qualitativamente gli interventi da mettere in atto se non distingui la morte di chi cade da un tetto o sotto un macchinario dal morto per  incidente automobilistico? Occorre sapere chiaramente come intervenire se si vuol salvaguardare la vita di chi lavora .

La formazione sulla sicurezza si fa solo per le cosiddette categorie “forti” che hanno sindacati che le tutelano e riescono ad imporla,sono lasciati soli, i meno tutelati, quelli che lavorano in nero o in grigio o in piccole aziende. Pensiamo sia intollerabile che un paese come il nostro che ha 60 milioni di abitanti conti il triplo dei morti sui luoghi di lavoro degli altri grandi paesi europei.   Un capitolo a parte meritano i capannoni costruiti prima delle norme antisismiche del 2005, il terremoto in Emilia di un anno fa, ha messo in luce che quasi la totalità delle fabbriche sono a rischio di crollo in caso di terremoto e se un evento del genere si verifica di giorno e non di notte come in Emilia, e nei giorni lavorativi ci potrà essere un’autentica carneficina. A questo proposito segnaliamo l’articolo di Michele Azzu sull’Espresso “Emilia, l’allarme inascoltato” http://espresso.repubblica.it/dettaglio/emilia-lallarme-inascoltato/2207929/25

http://cadutisullavoro.blogspot.com


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