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Una Città della Scienza che sposa la Filosofia

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IL DIVORZIO tra cultura scientifica nel nostro paese viene fatto risalire, comeè noto, al 1911, quando nel corso del quarto congresso internazionale di filosofia Benedetto Croce e il matematico Federigo Enriques se ne dissero di tutti i colori. Questa controversia schiettamente filosofica, tra idealismo e positivismo, si è riverberata nel discorso pubblico sotto forma di un inconcludente e semplicistico luogo comune tra opposte tifoserie. Poi, come spesso accade nella storia, il conflitto si è concluso con la sconfitta di entrambi i contendenti e la vittoria di un terzo incomodo: l’ homo oeconomicus espressione di un “individualismo proprietario” che riduce la razionalità scientificaa strumentalità tecnica e la cultura umanistica a retorica della persuasione. L’ università, così come si è andata configurando in tutto l’ Occidente, a partire dalla seconda metà del XX secolo è l’ emblema di questa disfatta. La frammentazione dei saperi e l’ eccesso di specializzazione hanno prodotto una crescente incomunicabilità non solo tra le “due culture”, ma anche al loro interno con la conseguenza che vi sono sempre meno giovani che comprendono,o sono effettivamente in grado di comprendere, la connessione dei fattori che costituiscono la realtà storica. Il modello universalistico di Von Humboldt fondato sulla trasversalità del sapere federato dalla filosofia è stato tradito: gli studenti che escono dall’ università sono uomini a una dimensione; pertanto poco inclini alla creatività e alla capacità di giudizio, requisiti che dovrebbero essere appannaggio di tutti ma in particolar modo delle classi dirigenti. M olte accademie sono nate per fronteggiare questo spirito di scissione tra le due culture e temperarne gli effetti negativi. Valga per tutti l’ esempio dell’ Accademia dei Lincei la cui finalità è «promuovere, coordinare, integrare e diffondere le conoscenze scientifiche nelle loro più elevate espressioni nel quadro dell’ unità e universalità della cultura”. Con gli stessi intendimenti è nato nel 1975 l’ Istituto italiano per gli studi filosofici; non a caso il suo fondatore avvocato Gerardo Marotta volle che l’ atto costitutivo dell’ Istituto fosse firmato nella sede dei Lincei e sotto gli auspici dei vertici dell’ Accademia; non a caso in trentacinque anni di attività scientifica e seminariale si sono avvicendati all’ Istituto storici e matematici, filosofi e cosmologi, fisici e letterati, storici dell’ arte e storici della medicina, biologi e archeologi, premi Nobel della chimica e della letteratura. Orbene, come tutti sanno, questo sforzo immane di ricomposizione delle “due culture”, realizzato grazie a un appassionato e disinteressato atto di generosità personale di Gerardo Marotta, è stato molto spesso contraccambiato con l’ insensibilità delle istituzioni e del mondo accademico: un’ indifferenza che sta portando alla chiusura di questo prestigioso centro di ricerca e di studi che ha fatto di Napoli la capitale mondiale della filosofia, che ha fondato nell’ Italia meridionale 200 scuole di alta formazione, che ha assegnato oltre tremila borse di studio a giovani studenti e ricercatori, che ha organizzato oltre 40.000 seminari coinvolgendo le più autorevoli personalità della cultura e della scienza mondiali, che ha raccolto una biblioteca di oltre 300.000 volumi, che ha pubblicato 3.400 volumi in varie lingue e creato un archivio audiovisivo di 22.000 registrazioni delle lezioni dei principali uomini di cultura e scienziati del Novecento. Ora che il tempo sta per scadere, non serve più a nulla indugiare sul come e perché questo sia accaduto e come distribuire gli errori e le responsabilità: ora bisogna darsi da fare per assicurare all’ Istituto la sopravvivenza ( primum vivere… )ma, soprattutto, per predisporlo, attraverso un’ opera di rinnovamento, a cogliere le opportunità offerte dai nuovi strumenti della comunicazione e dalla rivoluzione digitale. Si è discusso molto sui giornali e in pubbliche assemblee del pantano burocratico in cui sta affondando l’ Istituto: delibere scadute, ordini del giorno governativi non rispettati, accordi L’ idea di creare un’ istituzione culturale inedita nel panorama internazionale: un luogo di osmosi e di contaminazione tra le due culture che recuperi il significato originale e interdisciplinare del termine museo di programma congelati. Pur mantenendo il presidio su questa trincea, varrebbe, tuttavia, la pena di aprire un altro fronte d’ intervento dove ci sia spazio per l’ inventiva e la creatività. Ad esempio, si potrebbe affrontare il tema della ricostruzione della Città della Scienza inquadrandolo nella cornice concettuale dell’ unificazione della cultura scientifica e umanistica per ricavarne, con un po’ di immaginazione burocratica, un progetto che accomuni, almeno in parte, le attività di queste due prestigiose istituzioni. La vicenda di Città della Scienza presenta molte analogie con quella dell’ Istituto di Filosofia: contributi stanziati e non erogati, fondi ridotti o bloccati dall’ emergenza finanziaria, estenuanti contenziosi con la Regione. «Napoli si dissangua da sola della sua bellezza» ha scritto Erri De Luca dopo l’ incendio che ha distrutto il museo della Scienza e ha aggiunto sconsolato: «È stato bruciato questo Centroe se la cava a stento anche la città della Filosofia, rappresentata dal nobile istituto di Monte di Dio». Necessariamente nulla sarà più come prima. Perché non approfittare, allora, dello straordinario slancio di solidarietà istituzionale che ha consentito di raccogliere diversi milioni di euro in poche settimane per la ricostruzione, destinandone una quota a un progetto fortemente innovativo che, coinvolgendo le due istituzioni, si ispiri a un nuovo modello di sapere fondato sull’ integrazione della cultura scientifico-tecnologica con quella umanistica? Si pensi, ad esempio, a una scuola di studi superiori e di perfezionamento per giovani scienziati, economistie ricercatori nelle discipline umanistiche, provenienti da tutto il mondo. Attraverso borse di studio e seminari questa originale istituzione avrebbe il compito di dare vita a un nuovo paradigma della conoscenza in cui la saggezza si coniughi con la competenza, l’ esprit de finesse con l’ esprit de géométrie. Perché, quando le scienze della natura trascurano lo sguardo dell’ uomo spiegano ma non comprendono e, analogamente, quando le scienze dello spirito separano l’ uomo dall’ ordine della natura, si condannano all’ inconcludenza. Da qui l’ idea di creare un’ istituzione culturale inedita nel panorama internazionale: un luogo di osmosi e di contaminazione tra le due culture che recuperi il significato originalee interdisciplinare del termine museo che indica, per l’ appunto, la «Casa delle Muse protettrici delle artie delle scienze». Godendo, anche parzialmente, delle ingenti risorse disponibili, l’ Istituto di studi filosofici si vedrebbe restituita dalle istituzioni la sua dignità offesa mentre la nuova Città della Scienza, apren dosi al respiro della cultura umanistica, potrebbe imporsi,a livello internazionale, come un’ istituzione di avanguardia per la diffusione della cultura scientifica. Si potrebbe, in tal modo, avverare l’ auspicio di una «nuova alleanza» tra uomo e natura preconizzato dalla scienziato Ilya Prigogine e, allo stesso tempo, dare una risposta alla speranza di riscatto espressa dal letterato Erri De Luca: «Esistono fiori di campo che, distrattamente calpestati, tornano a rimettersi in piedi, perché spinti dalle radici di una forza di bellezza. Quella di Napoli riaffiora altrettanto ostinata».

* da “la Repubblica”


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