Conflitto di interessi. Il caffè di venerdì 24 maggio
Cominciamo da Berlusconi o da Squinzi, Repubblica o Corriere? “Il nord è sull’orlo del baratro”, cominciamo da Squinzi, così titola il Corriere. Messaggio al Premier Letta, a Saccomanni, ai partiti della Coalizione di Governo, a cui Confindustria chiede: “dateci stabilità politica, riforme per uno stato amico”. Più speranzoso ed esortativo il titolo del Sole24Ore: “un’Italia nuova con la forza dell’industria”. Letta non lascia cadere e promette che il peso dell’industria nel Prodotto interno lordo passerà dal 18 al 20 per cento. Applausi. Ma come? Alberto Orioli, sul Sole, un’idea la espone: Puntare sul welfare, costruire tutele per i lavoratori più larghe e più efficienti, affidarne la gestione ai privati. Poi cita Monti: privatizzare parte della sanità pubblica.
Ha due facce, questa sortita confindustriale. La prima positiva: gli industriali italiani non si aspettano granché da nuovi giri di garrota sul lavoro operaio e chiedono una nuova politica industriale. Sperano che si possa rilanciare la domanda partendo dai bisogni del paese. La seconda faccia è ideologica e non convince. E’ l’idea che il privato manderebbe in soffitta corruzione, intermediazione esosa, inefficienza. In realtà abbiamo visto come il privato venga spesso a patti con lo Stato arcaico, si accomodi di buon grado con la corruzione (vedi l’evasione ed esportazione illecita di capitali contestata ai padroni dell’Ilva), non riduca ma addirittura faccia levitare i costi per il pubblico. Letta e Renzi dovranno scegliere. Con Confindustria senza se e senza ma? O disegnare una riforma del sistema, fissare regole, risanare il pubblico e offrire (anche) al privato nuove occasioni di impresa?
“Evasore da premier”, “premier evasore”. Stampa e Repubblica aprono la loro prima pagina con le motivazioni della sentenza d’appello che condanna Berlusconi a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. Restava il padrone anche da Presidente del Consiglio ed evadeva il fisco, ecco le motivazioni. Il conflitto d’interesse fotografato in sentenza. Ma la “motivazione” (per Berlusconi) più sorprendente e spiazzante è quella con cui, sempre ieri, la Cassazione ha spiegato il no al trasferimento da Milano dei processi. Lo dico con parole mie: perché, con assoluta evidenza, l’imputato faceva di tutto per impedire che i Tribunali arrivassero a giudicarlo. Basta, le corti si rispettano!
Silvio truffato, ingannato, Silvio turlupinato. Non dai giudici, ma dai suoi avvocati e dai suoi deputati che gli dicevano: tranquillo, la Cassazione casserà la sentenza Mediaset, annullerà se non la pena almeno l’interdizione dai pubblichi uffici. Niente di meno certo. Lo diciamo da tempo: quando l’imputato esagera, in America,scatta la condanna per oltraggio alla Corte prima di quella di merito. In Italia, dopo venti anni, i giudici (non qualche Pm attivista o magistrato ideologo) i giudici mostrano il cartellino rosso. Berlusconi ha piegato ai suoi interessi il sistema giudiziario, ma non è riuscito a chiudere la svolta illiberale e autoritaria. Non ha cambiato in diritto la natura del nostro stato. Ora i nodi vengono al pettine. Nel suo partito si intravedono i falchi (con Berlusconi e contro i Pm sempre!) e le colombe (ti abbiamo difeso per vent’anni, che possiamo fare ancora…). Intanto,nel giorno della strage di Capaci, a Ilda Boccassini mandano due proiettili d’avvertimento.
E nel Pd qualcosa, forse, si muove. I senatori Casson e Mucchetti segnalano come la sentenza della Cassazione (faceva il premier e guidava il suo impero) solleciti una legge sul conflitto d’interessi. Berlusconi non più candidabile se non vende. Casson chiede anche che la prescrizione del reato non possa più essere dichiarata dopo il secondo grado di giudizio. Giusto, giuridicamente ineccepibile. E allora, facciamolo. Presentiamo i progetti di legge relativi. Chiediamo a SEL e Movimento 5 Stelle di votare con noi.
Cadrà il governo? Beh, tutti capirebbero che quando Berlusconi parlava di “svolta epocale”, del suo generoso atto di responsabilità nell’interesse del paese, semplicemente mentiva. C’è un altro buon motivo per muoversi. Ed è la Rai. Ieri Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, consiglieri di amministrazione indicati dalla società civile, hanno ricordato di essersi astenuti sul bilancio 2012. I conti Rai allarmano. Il conflitto d’interesse – ricordano i consiglieri – condiziona l’azienda tutta e di riforma della legge Gasparri non si parla più. Aggiungo che la gestione “tecnica” si è mostrata efficiente in particolare nel colonizzare i gangli vitali dell’azienda (relazioni esterne, amministrazione, acquisti, sipra, sicurezza interna, ufficio legale). Alla cui guida sono stati piazzati manager neo assunti che nella loro carriera avevano tutti incontrato la storia del Direttore Generale Luigi Gubitosi. E che, verosimilmente, rispondono solo a lui. Una privatizzazione di fatto dell’azienda pubblica, senza rilancio editoriale, con gli introiti pubblicitari che crollano e l’indebitamento che cresce. La Rai dei tecnici, tecnicamente ostaggio della “nuova” politica, di centro o di destra ma che odia il pubblico.