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Beppe Grillo parla ma non risponde e soprattutto non re-twitta

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Si scioglieranno come ha chiesto loro il Presidente del Consiglio Enrico Letta? No. Forse. Chissà.
L’oggetto più nuovo, controverso, trasparente e al contempo opaco della politica italiana è stato scrutato, analizzato e sezionato nelle sue varie componenti ieri pomeriggio al nuovo Campus Luigi Einaudi dell’Università di Torino. L’occasione l’ha fornita un seminario ed una successiva tavola rotonda organizzate dal Dipartimento Culture politica e società( già facoltà di scienze politiche) e dall’Istituto Gramsci di Torino. Introdotti da Franca Roncarolo e Sergio Scamuzzi, hanno presentato i loro lavori Paolo Natale e Roberto Biorcio( Politica a 5 Stelle, Feltrinelli 2013), PierGiorgio Corbetta ed Elisabetta Gualmini, curatori de “Il partito di Grillo”, il Mulino 2013, insieme a Rinaldo Vignati e ancora lo stesso Natale coautore con Ilvo Diamanti di un numero monografico della rivista “ Comunicazione politica”, il Mulino, 1/2013, dedicato a Grillo e il Movimento 5 Stelle.

Proprio mentre Grillo incontrava i “ suoi” parlamentari nell’aula dei gruppi a Montecitorio, nell’aula magna del Campus Einaudi si confrontavano due tesi: per Biorcio e Natale il Movimento 5 Stelle non è populista, mentre per Corbetta  i 5 Stelle sono un partito, nel senso di un’impresa politica che punta al potere, come lo definiva Max Weber.
Al di là delle definizioni, 5 è il numero chiave che caratterizza l’analisi di Natale e Biorcio.
5 sono gli elementi fondanti dell’identità del Movimento 5 Stelle, 5 sono gli elettorati identificabili che hanno costruito il clamoroso e sicuramente inaspettato dagli stessi Grillo e Casaleggio successo elettorale di portata storica.

Il primo elemento fondativo è la ricostituzione del popolo, che costruisce l’identità indistinta del “cittadino”.
Il secondo punto chiama in causa la crisi dei partiti e della democrazia rappresentativa, da cui emerge prepotente il profilo del politico come bravo comunicatore più che costruttore di mediazioni e soluzioni.
Il terzo e quarto elemento sono strettamente interconnessi: la montante “alterità” verso la casta si sposa con la rabbia e la sostanziale insoddisfazione di molti italiani per la propria vita. Da qui il rifiuto delle intermediazioni, la intensa comunicazione attraverso la rete ed il referendum come metodo di lotta politica, come nel caso eclatante di quello sull’acqua. Infine la forte trasformazione tecnologica della società che ha mutato in profondità classi sociali, situazioni economiche e modalità comunicative.

Parimenti sono 5 gli elettorati identificati dagli autori, divisi in due grandi fasce: gli storici, prevalentemente “gauchisti”, il che spiega anche il risultato delle “quirinarie” che hanno visto tutte personalità di sinistra tra i nove indicati, oltre a Grillo e i “ nuovi” che si suddividono in : a) razionali; b) quelli che sono contro tutto e che pensano che Grillo sia il meno peggio; gli ex-pd che “volevano fargliela vedere e dare la sveglia”.
Analisi sostanzialmente confermate dalle indagini di Corbetta che definisce il 5 Stelle un “partito pigliatutto”, privo di identità territoriale, sociale e politica.
Lo dimostra il fatto che i 5 Stelle sono il primo partito in 50 province , spalmate in tutta Italia e con percentuali omogenee in tutti i Comuni.

Il partito di Grillo prende voti in prevalenza da centro sinistra e Lega al Nord, da ex pd nelle zone rosse, e dal Pdl ed anche dal Mpa al Sud ed in Sicilia in particolare.
Questa, secondo Corbetta, è la caratteristica tipica dei partiti di protesta, che tengono insieme il diavolo e l’acqua santa e che proprio per questo hanno difficoltà a fare qualsiasi scelta politica che ne potrebbe pregiudicare l’unità e che quindi difficilmente si “ scioglierà”.

Nel giorno in cui Mentana annunciava  l’addio a twitter e Severgnini lamentava l’aggressività abnorme in rete, Sara Bentivegna della Sapienza di Roma , specialista dello studio dei nuovi linguaggi, ha dedicato un’analisi al Grillo comunicatore e al come twitter  ha parlato di Grillo in questi ultimi tempi. E’ un raffinato comunicatore Beppe Grillo? Mica troppo. L’uso che fa Grillo della rete è a “ bassa tecnologia”; comunica con la tipica modalità top-down, negando così l’orizzontalità della rete 2.0; ha 1 milione e 222 mila followers, ma ne segue solo 260. In queste cifre si condensa il leaderismo di Grillo: Beppe parla ma non risponde e soprattutto non re-twitta.
Dove invece è stato un geniale innovatore è nell’ibridazione comunicativa tra rete, piazza e televisione, che programmaticamente snobbata, ha finito per dare a lui e allo “tsunami-tour” più visibilità che a qualsiasi altro partito. Grillo ha usato la rete in funzione organizzativa, per dare presenza sul territorio a chi non l’aveva e ha messo la sua faccia nelle 76 piazze che ha toccato con i suoi “spettacoli”.

E i contenuti?
Non erano oggetto di queste analisi; qualcuno ha azzardato segnali di cambiamento nella strategia comunicativa del Movimento. Movimento che ha comunque una certa difficoltà a dialogare: nell’Aula Magna del Campus torinese c’erano molti esponenti di 5 Stelle che inizialmente hanno accolto con ostilità ed anche una certa aggressività il fatto stesso che “ qualcun altro parlasse di loro” che “ non avevano nulla da farsi insegnare da chicchessia”. Ovviamente senza aver letto i libri in questione. Nel prosieguo della discussione i toni si sono ammorbiditi e i “cittadini” hanno colto l’occasione per una sorta di presentazione , anche reciproca, in pubblico. Evidentemente la rete non consente la conoscenza diretta delle rispettive fattezze , che il confronto anche fisico e diretto invece permette. Offrendo la possibilità di interpretare toni e sfumature espressive  che stemperano gli animi e di scoprire che  tutti sono cittadini e non solo  una sorta di paradossale “contro casta”


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