«Senza lavoro, il Paese muore» è l’accorata invocazione Cgil, Cisl e Uil nel 1° maggio 2013. «L’emergenza lavoro fa sì che la vittima diventi carnefice» sostiene, rafforzando il concetto, la presidente della Camera.
I “soloni” istituzionali del perbenismo non ci stanno proprio a riflettere sull’assunto del “male” che arriva a sfociare in “morte” (fisica o psichica è la stessa cosa, quanto a effetti consequenziali). Preferiscono stare sul relativismo del “così è se vi pare” per (stravolta) interpretazione pirandelliana, piuttosto d’avventurarsi nella semplice concretezza di Gibran: “cos’è il male se non il bene tormentato dalla fame e dalla sete?”
In molti, infatti, si sono scagliati contro le asserzioni di Laura Boldrini (un po’ meno contro i rappresentanti sindacali, ma solo perché -un classico per soloni con pance piene- non hanno capito il naturale significato del “Paese che muore”).
Dato che non possiamo sperimentare su quei “soloni” lì il tormento della fame e della sete, affinché possano rendersi conto dal vivo che significa, facciamo che (quanto meno!) non vengano tenuti istituzionalmente in considerazione per legiferare sul prossimo futuro degli italiani, specie per i tantissimi che già stanno in borderline quanto a riuscire, per quanto si sforzino, a differire tra il “bene” e il “male”…