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Perché la vendita delle reti Rai non ha senso

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Tra le varie di questi giorni si segnala la reiterata proposta di Grillo di vendita di due reti Rai. Quest’ultimo non ha sollecitato proposte formali, cioè depositate in Parlamento da 5Stelle, sul conflitto di interessi e su una seria regolamentazione antitrust per il sistema dei media, non una proposta pratica di correzione dello stato vergognoso dell’uso delle frequenze nel nostro paese.

Eppure, a proposito di Rai, questa è stata anche la settimana dello scontro Gabanelli-ENI, della richiesta di un ingente risarcimento danni per la trasmissione della giornalista che, tra i pochi, ha fatto dell’indipendenza del servizio pubblico una bandiera non solo a chiacchiere. Già Stefano Corradino dalle pagine del Fatto.it ha avuto modo di intervenire sulla vicenda. Circostanza purtroppo non nuova. All’epoca della mia esperienza in Agcom più volte mi sono scontrato con chi voleva adottare provvedimenti contro Report perché mancava il contraddittorio.

Spiegai allora, sbeffeggiato da alcuni giornali della destra, che fare una trasmissione di inchiesta è una cosa diversa da un dibattito. Le notizie che si riportano o sono vere, ed allora nulla questio, oppure no e si chiede la rettifica. Questa storia del contraddittorio per le trasmissioni di questo tipo proprio non regge, a meno di non farle.

Tornando a Grillo. Ci si si poteva aspettare una sua presa di posizione in difesa della Gabanelli o quantomeno delle libere trasmissioni in Rai, invece nulla. E dire che Grillo della denuncia  sulle grandi imprese ne ha fatto un cavallo di battaglia (es. Telecom, Parmalat). Questa storia della vendita delle reti è invece proprio una baggianata. Non che la Rai sia esente da critiche, tutt’altro. Va subito  profondamente rinnovata nella missione e resa indipendente e vicina ai cittadini (sul punto c’è l’interessante proposta di Move On). Ma vendere le sue reti non ha senso in un contesto di moltiplicazione dei canali conseguente all’introduzione del digitale.

La questione delle frequenze della Rai è semmai un’altra. Metterle al servizio delle tecnologie che possono servire per la distribuzione dei suoi contenuti o anche di altri in un’offerta convergente. A RaiWay questo è stato sempre impedito, nell’evidente interesse di qualche operatore concorrente della TV e delle TLC. In una società che si va impoverendo la funzione del servizio pubblico come produttore e distributore di contenuti gratuiti diventa fondamentale. Ed allora sarebbe stato giusto dire alla RAI ” fate qualità, siate indipendenti soprattutto nell’informazione e nei programmi di inchiesta “. Ma Grillo invece dice: “vendete una parte della RAI”. Già, ma a chi? E che succede in relazione all’asta delle frequenze, semmai si farà? E gli altri, compreso il monopolio satellitare? Boh! Sembrano dunque parole in libertà. Peccato che nel frattempo nessuno, compresa la sinistra, ora tutta tesa al dialogo con Berlusconi, dica più una parola sulla vergogna televisiva italiana e sulla necessità di rinnovare e difendere il servizio pubblico.

da Il Fatto Quotidiano


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