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28 anni fa la strage di Pizzolungo, nell’attentato a Carlo Palermo morirono Barbara Rizzo e i suoi due figli

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Il prossimo 2 aprile segnerà il 28° anniversario della strage mafiosa di Pizzolungo che causò la morte di Barbara Rizzo Asta e dei suoi due figli, i gemellini Salvatore e Giuseppe di 6 anni. Sarà il momento per rinnovare la vicinanza, solidarietà e sostegno a Margherita Asta, figlia e sorella delle vittime, speriamo di poterlo fare assieme a quanti più cittadini possibili. Un impegno organizzativo non indifferente è stato messo in campo dal Comune di Erice e dal suo sindaco Giacomo Tranchida. Ma presenti, partecipi e promotori ci sono soprattutto anche Libera e l’Arci. Oltre che altre istituzioni e scuole, associazioni e volontari, come i ragazzi boy scout dell’Agesci.

Cosa resta di quell’attentato del 1985? Il boato determinato dall’esplosione di quell’autobomba destinata ad uccidere un magistrato in servizio alla Procura di Trapani, il pubblico ministero dott. Carlo Palermo, non si è ancora esaurito nei suoi effetti devastanti. Il tritolo mafioso ha ucciso tre giovani vite, ne ha minato altre, il magistrato, i suoi agenti di scorta, ma ha anche determinato un forte segnale di intimidazione all’intera società civile trapanese che ancora oggi, anche per questo, stenta ad abbandonare comportamenti troppo remissivi nei confronti della preponderante presenza della mafia nel tessuto sociale e civile.

Dinanzi a quei morti stritolati dal tritolo autorevoli politici dicevano che la mafia non esisteva, oggi dinanzi al cosidetto fenomeno della mafia sommersa gli stessi autorevoli politici, e non solo loro, anche professionisti, “colletti bianchi”, addirittura soggetti nel frattempo passati dalle aule giudiziarie dalle quali magari sono usciti indenni grazie ad assoluzioni o prescrizioni, ma che addosso portano comunque condanne morali e che nonostante tutto pretendono il diritto a parlare e trovano sempre qualcuno pronto a farlo, e quindi in mezzo a tutto ciò ci sono anche giornalisti, ecco in questo scenario si dice e ci si dice che la mafia non esiste o è stata sconfitta, a dispetto di arresti, condanne e ingenti sequestri e confische di beni che dimostrano semmai una vitalità presente e magari anche più raffinata dell’organizzazione criminale e mafiosa.

Continuano a scorrere addosso a questa città di Trapani, e sulla provincia, e non solo su di esse, su tutta la Sicilia e pezzi d’Italia, le notizie di condanne e sequestri, di casseforti mafiose violate e confiscate dallo Stato, Trapani continua ad eleggere indagati e rinviati a giudizio, parlamentari sotto processo come il senatore D’Alì, mantiene in carica sindaci condannati come quello di Valderice, Camillo Iovino, in Consiglio provinciale sono stati seduti fino ad una recente sospensione prefettizia, un consigliere, Pietro Pellerito, che faceva favori ai mafiosi, e un sindacalista, Santo Sacco, che portava in giro i pizzini di Messina Denaro, due Comuni sono stati sciolti per mafia, Salemi, dove il sindaco Vittorio Sgarbi è andato via prima che arrivasse lo scioglimento, e Campobello di Mazara, dove il sindaco Ciro Caravà di mattina inaugurava i beni confiscati alla mafia e di pomeriggio si scusava con i boss, a Pantelleria è finito in manette un sindaco che già c’era finito, Alberto Di Marzo e che era stato rieletto a furor di popolo, a Castelvetrano il sindaco, Felice Errante, ha mandato a dire in giro che “Matteo Messina Denaro” non è il principale dei problemi salvo poi prendersela con i giornalisti che hanno “chiosato” su queste parole, a Trapani il sindaco, generale dei carabinieri, ex ufficiale del Sismi, Vito Damiano, preferisce parlare di malandrini e non di mafiosi, un ex senatore Nino Papania di Alcamo, aveva a suo servizio un ortolano che faceva anche da autista ai capi mafia, tutto questo per una rapida rassegna, ma si potrebbe approfondire. “Una provincia fatta da impresentabili”.

Certamente rispetto a quegli anni 80 segnati dalla barbarie mafiosa anche nel trapanese, tanto è cambiato, oggi c’è un pezzo di società che dimostra di volere essere davvero civile e che usa la memoria per animare il più intelligente degli impegni contro le mafie, la malapolitica, la corruzione, le connivenze e le collusioni, “il 2 aprile per Noi di Libera Trapani – dicono Salvatore Inguì e Gisella Mammo Zagarella -rappresenta non solo il momento del ricordo ma anche una giornata in cui fare un bilancio e ripartire nel lavoro in mezzo ai giovani, con gli adulti, donne e uomini, che desiderano vivere in una società realmente libera e democratica. Anche quest’anno faremo ciò e partecipiamo con questo intento alle manifestazioni del “Non ti scordar di me” indette dal Comune di Erice e che hanno visto già un primo alto momento lo scorso 21 marzo con la intitolazione dell’aula bunker del carcere di Trapani all’agente penitenziario Giuseppe Montalto ucciso dalla mafia il 23 dicembre del 1995”.

Appuntamento rilevante quindi quello del 2 aprile alle 10 presso la stele di Pizzolungo che, posta dal marito e dal padre delle vittime, Nunzio Asta, anche lui morto, di crepacuore, come un agente della scorta del pm Palermo, Raffaele Di Mercurio – ricorda il sacrificio di Barbara, Salvatore e Giuseppe che vorremmo non essere morti invano. Sarà un momento di ricordo e per rinnovare l’impegno grazie alla presenza di don Luigi Ciotti presidente nazionale di Libera. Il 2 aprile a Pizzolungo sarà presente la Carovana Internazionale Antimafia che da qualche giorno ha cominciato il suo viaggio collegando La Tunisia all’Europa. Esiste una precisa compatibilità tra le manifestazioni del “Non ti scordar di me” e la “Carovana Antimafia.

Se la “Carovana Internazionale antimafia” ha scelto come tema quello dei costi sociali prodotti dall’illegalità economica, in particolare da mafie, corruzione ed evasione fiscale, che ogni anno sottraggono circa 500 miliardi di euro alla collettività (lo slogan scelto dagli organizzatori è “Se sai contare inizia a camminare”) l’edizione 2013 del “Non ti scordar di me” ha scelto come tema conduttore quello del lavoro pulito, onesto, che deve sconfiggere il lavoro delle mafie e inquinato dalla mafia. E così il 2 aprile alle 16,30 la Carovana Internazionale Antimafia sarà presso la Calcestruzzi Ericina Libera – via Francesco Culcasi Zona Industriale Trapani – dove ci sarà l’incontro con gli operai che si sono riuniti in cooperativa e oggi gestiscono l’impianto che dalle mani dei mafiosi sporche del sangue di tanti morti ammazzati e passato nelle mani pulite degli operai che la mafia dapprima ha sfruttato e ha poi minacciato. Non si potrà non parlare del prefetto Fulvio Sodano “cacciato” via da Trapani “perché aveva deciso di difendere i beni confiscati dall’assalto della mafia e di insospettabili colletti bianchi”.

La sera del 2 aprile poi la Carovana Internazionale Antimafie si sposterà al campo Falcone e Borsellino di Erice San Giuliano per il concerto dei Modena City Ramblers il gruppo famoso per alcune musiche e colonne sonore come quella che ha accompagnato il film “Cento Passi” e che ad Erice presenteranno un inedito dedicato a Salvatore e Giuseppe Asta.

Gli altri appuntamenti. Di mafia e lavoro si parlerà ancora, il 4 aprile alle 9,00 presso il seminario vescovile dove gli studenti ericini incontreranno importanti “testimoni”, Gianluca Faraone che parlerà della costituenda cooperativa “Le terre di Rita Atria” che gestire i terreni confiscati nel Belice e nel trapanese alla mafia, Pina Maisano Grassi, a proposito delle denuncia antiracket, lei che è la vedova dell’imprenditoreLibero Grassi ucciso a Palermo per essersi ribellato al racket mafioso, sono stati invitati i familiari di due sindacalisti uccisi dalla mafia, Placido Rizzotto e Vito Pipitone, e ancora don Baldassare Meli che parlerà del suo lavoro “in mezzo agli ultimi, ai giovani” e ci aiuterà a ricordare don Pino Puglisi. Forse ci sarà il presidente della Regione Crocetta. Peccato dovere mettere ancora il forse a questa partecipazione.

Il 5 aprile ore 9,00poi l’incontro con il magistrato Andrea Tarondo e l’ex presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello ancora dedicato al tema del lavoro e dell’impresa legale, “Cosa nostra e lavoro, economia mafiosa e democrazia negata”. Questo appuntamento è sempre presso il seminario vescovile. Il 6 aprile alle 18 presso l’auditorium dei Salesiani musical in onore di padre Pino Puglisi, “L’amore più grande” a cura dell’associazione Don Bosco. In mezzo il 3 aprile un incontro dedicato allo sport allo stadio provinciale di Trapani.

Cosa fare? Nell’immediato una proposta la lancio. A Trapani c’è una via, nei pressi del porto, dedicata, leggete bene, “ai grandi eventi”. Fu il riconoscimento che il sindaco dell’epoca, Girolamo Fazio, oggi deputato regionale Pdl, ma in crisi col partito, diede alla Coppa America che nel settembre 2005 portò qui le sue barche per le gare preliminari alla finale di Valencia. In un battibaleno ( a differenza dei ventenni trascorsi per dedicare strade e piazze a vittime della mafia) fu collocata questa targa in testa a questa strada da parte dello stesso sindaco che aveva negato la cittadinanza onoraria al prefetto Sodano al quale la maggioranza dei consiglieri comunali dell’epoca aveva deciso di conferire il riconoscimento per la sua azione antimafia.

Qualche anno dopo l’intestazione di questa via si scoprì che questo “grande evento” della Coppa America era stato fonte di guadagni illeciti per la mafia. Quindi tenere ancora vivo questo ricordo come cosa pregevole sembra davvero fuori luogo. “Via dei Grandi Eventi” resiste semmai come testimonianza di connivenze che invece andrebbero colpite e cancellate, per essere rimosse. Ed allora, la proposta, rimuoviamo questa denominazione, dedichiamo questa via al “2 aprile 1985” come testimonianza perenne per chi è stato colpito ed ucciso, Barbara Rizzo Asta, Salvatore e Giuseppe Asta, per chi ha comunque pagato con la vita anche se dopo come Raffaele Di Mercurio, per chi è rimasto ferito ma è stato costretto a non lavorare più come gli altri agenti della scorta La Porta e Ruggirello, per un magistrato che per lo Stato fu come fosse morto, Carlo Palermo, costretto a lasciare la magistratura, per tutti coloro i quali vogliono continuare a combattere credendo alle parole di Peppino Impastato, che ci diceva che la “mafia è una montagna di merda”, di Mauro Rostagno che ci ha insegnato a cercare di costruire una società nella quale valga la pena trovare un posto, e di Giovanni Falcone che ci ha insegnato a credere che “la mafia un giorno è destinata a morire”.


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