I giornali perdono copie, la pubblicità cala, gli editori tagliano e la politica vede i giornalisti (liberi) come un fastidio.. Meglio lo streaming, i comunicati, le autointerviste. Le leggi bavaglio e le dure sanzioni contro la diffamazione – in realtà spesso sono solo intimidazione al dovere di cronaca, quando si pubblicano notizie vere ma sgradite – sono pronte a ripartire. I partiti tradizionali, ma adesso ancora di più i nuovi movimenti che inneggiano alla rete ma si rifiutano di rispondere alle domande, sono pronti a sferrare l’offensiva finale. Cominciando dal taglio dei contributi ai giornali e dall’abolizione dell’Ordine dei giornalisti. Non sarebbe una buona idea, Come abolire il sindacato perché qualche sindacalista non fa bene il suo mestiere. O Il Csm perché un giudice ha sbagliato.
La legge istitutiva dell’Ordine compie 50 anni. Era una buona legge, fissava dei principi e delle regole per l’epoca all’avanguardia. Difesa del giornalismo e del diritto all’informazione dei cittadini, regole da rispettare, sanzioni. Da allora il mondo è cambiato, con un’accelerazione incredibile negli ultimi anni. Nel 1963 non c’era Internet, la tv aveva un solo canale, i giornali erano monopolisti. I giornalisti erano pochi migliaia, oggi sono 112 mila, anche se meno della metà sono <giornalisti attivi. Molti sono pubblicisti che fanno altri mestieri. Con l’assurdo che nell’Albo ci sono quelli che non fanno i giornalisti, e a molti che invece la professione la fanno è vietata l’iscrizione all’albo. Per questo l’Ordine ha collaborato con l’Fnsi al varo della Carta di Firenze e della legge sull’equo compenso. Ha ridotto le scuole e aumentato la vigilanza sulle <fabbriche di disoccupati>, avviato la proposta del ricongiungimento. Che va applicato con cautela, ascoltando i dubbi delle associazioni e di tanti di noi, verificando chi ha i titoli e chi no. Ma senza buttare il bambino con l’acqua sporca: chi fa il giornalista da anni e viene sfruttato e pagato poco non può aggiungere al danno la beffa di essere tenuto ai margini di una professione che già svolge. Fatti i debiti controlli, ha il diritto di sostenere l’esame per diventare professionista.
Occorre adesso riformare l’Ordine, dimezzare il numero dei consiglieri (che una legge assurda rende proporzionali agli iscritti, in continuo aumento), rendere obbligatoria la laurea per l’accesso e più efficaci le procedure di disciplina, modificando il pasticcio varato dal governo Monti. E’ la base della proposta di riforma che la politica ha tenuto nel cassetto. Ma occorre anche che i giornalisti recuperino una credibilità in parte perduta. Maggiore severità nel rispetto delle regole deontologiche, una carta unica dei doveri che va fatta rispettare, nel rispetto della verità e dei cittadini. Mentre alta dev’essere la vigilanza contro ogni tentativo di limitare la libertà di informazione.
Bisogna anche smetterla con le furbizie di bottega. E i professionisti della rappresentanza, gli schieramenti e la vecchia politica dei buoni e dei cattivi. Alziamo lo sguardo e troviamo soluzioni alle migliaia di precari che fanno questo lavoro meglio dei <vecchi> ipergarantiti. Diamo un segnale alto di rinnovamento e di trasparenza. Cominciando dalla formazione e dalla vigilanza sull’etica, compiti primari dell’Ordine riformato..
* Cdr Gruppo Espresso-Repubblica, Consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti