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L’antimafia: verificare infiltrazioni nei giornali, proteggere giornalisti intimiditi

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Occorre concedere il segreto professionale ai giornalisti pubblicisti. Occorre “prevedere adeguate tutele normative contro le querele temerarie a scopo intimidatorio”. Per evitare infiltrazioni mafiose e criminali nell’editoria occorrono un’indagine e un nuova normativa. Secondo la Commissione parlamentare Antimafia queste sono le “principali criticità” da risolvere per affrontare il grave problema dei giornalisti minacciati in Italia. L’Antimafia lo dice al nuovo Parlamento, nella relazione finale appena pubblicatà.

Il documento firmato da Giuseppe Pisanu ed approvato a larghissima maggioranza (tre astenuti, nessun voto contrario) mette in evidenza numerosi nodi da sciogliere e in particolare un aspetto delicato da chiarire e regolamentare più severamente: “le relazioni fra stampa ed economia o fra stampa ed imprenditoria”, su cui si sollecita “una specifica iniziativa legislativa” per scongiurare infiltrazioni criminali e mafiose.

Le proposte sono state formulate a conclusione dell’indagine parlamentare conoscitiva sul “contrasto delle intimidazioni nel mondo dell’informazione” condotta dal Decimo Comitato di Lavoro della Commissione, presieduto dal senatore Enrico Musso. L’indagine ha preso le mosse dai dati dell’osservatorio Ossigeno per l’Informazione e ha impegnato il Comitato da marzo a dicembre 2012 con venti audizioni di giornalisti e una trasferta a Berlino. Questa missione ha consentito di verificare che nella Repubblica Federale Tedesca la tutela del segreto professionale dei giornalisti è più estesa che in Italia.

In base alle risposte di “un alto funzionario della polizia tedesca berlinese, in relazione alle questioni che riguardano le minacce ai giornalisti o le querele per diffamazione contro gli stessi – si legge nella relazione – è stata rimarcata la differenza tra il sistema che tutela la libertà dei cronisti tedeschi di pubblicare notizie di fonte riservata, senza incorrere in provvedimenti o giudiziari o sanzioni di altro genere per fare valere il principio superiore della libertà di stampa e la sua funzione di controllo del potere e degli apparati pubblici. Condizione ben diversa da quella italiana che, anche in ragione delle minacce ai giornalisti, ha fatto giudicare il Paese fra le nazioni in cui la stampa è «parzialmente libera», come ha stabilito dal 2004, e poi dal 2009 ad oggi, l’osservatorio internazionale Freedom House”.

La relazione conclusiva offre numerose indicazioni e spunti di riflessione. Ne pubblichiamo di seguito alcuni stralci, riservandoci di tornare sull’argomento.

“Le audizioni svolte – si legge nella nota introduttiva – hanno consentito di tracciare una panoramica quanto mai aggiornata anche dei dati statistici e individuali, acquisiti grazie al materiale documentario depositato agli atti da parte degli auditi, e di quello fornito dall’osservatorio Ossigeno per l’informazione. Si è preso atto della condizione in cui versa il mondo dei cronisti e quali emergenze e esigenze richiedono un rapido ed efficace intervento legislativo. Particolari criticità sono emerse, ancora una volta e con rinnovata preoccupazione, nelle regioni del Sud dell’Italia (Campania, Calabria e Sicilia) dove il pericolo non riguarda soltanto l’offesa alle persone fisiche di giornalisti, ma si estende agli assetti proprietari di alcune testate, condizionando la libertà dell’informazione, avvilendo la professione giornalistica”.

“Tale situazione compromette non poco il diritto dei cittadini di conoscere fatti di rilevante interesse generale e, di conseguenza, di partecipare consapevolmente alla vita pubblica. Nel corso di questa istruttoria il Comitato ha potuto conoscere le differenti sensibilità che esistono all’interno del mondo dell’informazione verso il fenomeno dell’intimidazione e della violenza su singole persone o su gruppi o categorie di giornalisti, anche alla luce delle indagini, dei dati e delle iniziative giudiziarie svolte o in corso di svolgimento per contrastare questa fattispecie di reato”.

“La questione di garantire la sicurezza dei giornalisti, il loro contributo alla difesa e all’affermazione della legalità rimane perciò aperta. Le garanzie loro concesse dipendono molto dalla tipologia del loro inquadramento e dall’azienda presso la quale svolgono il loro lavoro. Ad esempio, pubblicisti e professionisti, dipendenti e collaboratori esterni, giornalisti di grandi testate, hanno garanzie diversificate a loro tutela. L’esempio più evidente è rappresentato dal fatto che il giornalista professionista può ricorrere al segreto professionale, mentre il pubblicista no, sebbene di fatto svolga sostanzialmente la stessa attività. Tale disparità ha determinato un’ulteriore complicazione in ordine alla loro tutela e favorito la loro vulnerabilità all’offesa e alla ritorsione della criminale”.

“Dopo aver audito gli esponenti delle maggiori associazioni nazionali della Stampa, il Comitato ha proceduto alla convocazione dei giornalisti di quelle regioni definite «ad alto tasso» di criminalità organizzata e cioè Campania, Calabria e Sicilia. Nel corso di queste audizioni sulla Campania, Calabria e Sicilia, sono state poste questioni riguardanti gli aspetti e le problematiche segnalate dai Presidenti o dai Segretari generali delle associazioni di categoria, ossia l’Ordine dei Giornalisti, la Federazione nazionale della Stampa Italiana, anche sulla base dei dati forniti dall’osservatorio Ossigeno per l’Informazione“.

“In realtà il Comitato ha riscontrato istanze comuni e valutazioni condivise sulle questioni riguardanti l’assetto proprietario delle testate giornalistiche e anche di alcune emittenti televisive, su ciò che attiene alla frequenza delle minacce a giornalisti che non godono di particolari e talvolta di nessuna tutela, in ordine al loro inquadramento contrattuale nella professione, sulla differenziazione che vige tra giornalista pubblicista e giornalista professionista, in ordine all’uso del segreto professionale e infine nel merito della normativa che regola la libertà di stampa. Soltanto in un caso sporadico, quello che riguarda i giornalisti della Calabria, é emersa una certa difformità di valutazione da parte del segretario del sindacato dei giornalisti di quella regione. Valutazioni e giudizi che non hanno trovato riscontro con i dati dell’istruttoria svolta dal Comitato”.

Leggi il testo integrale della relazione finale della Commissione Antimafia

* da Ossigeno per l’Informazione


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