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Chi sghignazza su Don Ciotti ha un’idea rattrappita della democrazia

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Critiche, ironia, sarcasmo. La decisione di Bersani di aprire le consultazioni per la formazione del nuovo governo anche alle voci della società italiana non direttamente rappresentate dai partiti suscita reazioni beffarde e infastidite su numerosi giornali. Cos’è questa bizzarra sfilata, in cui mancano soltanto le casalinghe disperate? E cosa c’entra uno come don Luigi Ciotti con le austere sale della Camera, mentre la crisi economica richiede risposte immediate? Mica è politica, questa: piuttosto un talent show.

Sono reazioni che colpiscono. Come se il segnale dirompente arrivato col voto del 24 e 25 marzo, il terremoto politico che appena un mese fa ha investito l’Italia, fosse già stato archiviato, derubricato a piccola scossa di assestamento dopo la quale la vita riprende placida. Come se non ci fosse più, tra istituzioni e cittadini, un fossato profondo da provare a colmare, anche con atti simbolicamente significativi. Come se la politica dovesse essere inevitabilmente un cerchio ristretto che esclude coloro che i problemi li fronteggiano ogni giorno sulla strada, e magari possono aver elaborato qualche ipotesi di soluzione. Come se le proposte per un programma di governo potessero venire solo da chi dispone di un pacchetto di voti in Parlamento. “La politica deve aprirsi”, dicono quasi tutti. Quando lo fa, però, suscita frizzi e lazzi. Luigi Ciotti non ha un partito alle spalle, ma porta idealmente con sé le firme raccolte a milioni negli anni per norme più incisive contro la corruzione e le mafie. Sentirlo far dichiarazioni dalla tribunetta solitamente riservata ai leader di partito fa bene alle nostre istituzioni. E chi sghignazza ha un’idea rattrappita della democrazia.

* Roberto Natale, membro del direttivo di Articolo21 e neoportavoce del presidente della Camera


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