La televisione pubblica, insieme alla Previdenza sociale e alla Sanità, è un tratto distintivo del welfare europeo. In particolare, la Rai ha svolto un ruolo essenziale nell’unificazione della lingua, nella lotta all’analfabetismo, nell’acculturazione di grandi masse, nella formazione della classe media, nel rafforzare il senso dell’identità nazionale, nel garantire il pluralismo nell’informazione.
A partire dagli anni Ottanta, la nascita e la crescita impetuosa delle emittenti private ha conferito un’ulteriore missione al servizio pubblico: temperare gli effetti socialmente dannosi indotti da un modello di televisione – quello commerciale – che, basandosi sulla produzione di pubblico da vendere alle agenzie di pubblicità, riduce il cittadino-telespettatore al ruolo di “merce”.
Per contrastare questa egemonia sottoculturale, la Rai avrebbe dovuto preservare la sua funzione pubblica invece che scimmiottare un modello di televisione fondato su un unico criterio di qualità, quello determinato dal numero dei telespettatori; a prescindere, quindi, dai contenuti e dal loro valore culturale e civile.
La progressiva e inarrestabile occupazione della Rai da parte delle forze politiche ha accentuato il processo di snaturamento dei compiti e delle finalità del servizio pubblico. Sono più di dieci anni ormai che la Rai ha smarrito la sua identità e la sua vocazione, soprattutto nella percezione che ne hanno i telespettatori. Di fronte a una crisi strutturale che ha radici lontane, e nel contesto di una rivoluzione epocale nel campo dei media, si rende necessaria una riflessione che investa l’idea stessa di servizio pubblico, le ragioni della sua legittimità, la definizione del suo perimetro multimediale, il suo diritto a un’esistenza non residuale in cui l’audience non sia più un’ossessione ma resti pur sempre un’ambizione. Si tratta, in pratica, di rifondare la Rai dotandola di un assetto istituzionale che la metta al riparo dalle ingerenze dei partiti e di un assetto organizzativo e tecnologico che le consenta di assolvere con efficacia la sua missione.
Il rinnovo del Contratto di servizio (2013-2015) e la prossima scadenza della Concessione decennale (6 maggio 2016) sono l’occasione per dare vita a una discussione, la più ampia possibile, sul futuro della Rai, sul compito che è chiamata a svolgere nell’epoca dei nuovi media e delle nuove forme di comunicazione.
Per evitare che il confronto su questi passaggi determinanti resti confinato in ristretti ambiti specialistici e nell’aula della Commissione Parlamentare di Vigilanza, sarebbe auspicabile aprire un’ampia consultazione coinvolgendo in primo luogo la scuola, le università e le associazioni culturali. Non si tratta, ovviamente, di discettare sugli articoli della Convenzione tra la Rai e lo Stato, ma piuttosto di definire sinteticamente e in termini chiari e distinti, una nuova “mission” per il Servizio pubblico indicando le linee guida e i valori ai quali dovrà ispirare la sua programmazione e la sua attività. Insomma, qualcosa di analogo, anche nella forma, a un articolo della Carta costituzionale oppure, se si preferisce, alle poche righe che definiscono la mission della BBC.
Per sensibilizzare il maggior numero di studenti e di cittadini, e promuoverne la partecipazione, si potrebbe organizzare un vero e proprio “concorso” per selezionare la migliore definizione, in non più di mille caratteri, della carta dei valori della Rai, una “carta d’identità” che ne delinei il profilo per i prossimi dieci anni: un progetto che veda il coinvolgimento non solo della Rai in tutte le sue articolazioni, ma anche del Ministero della Pubblica Istruzione, del Ministero per i Beni Culturali, di centinaia di associazioni e fondazioni culturali. Lo spazio che ospiterà il “concorso” sarà, naturalmente, quello, pubblico, della Rete dove le diverse formulazioni della “mission” potranno confrontarsi e perfezionarsi secondo il collaudato metodo adottato da Wikipedia.
Una commissione di esperti indipendenti, formata con modalità da stabilirsi, sceglierà la migliore definizione di “mission” per consegnarla nelle mani del Capo dello Stato, del Presidente della Commissione Parlamentare e dei vertici aziendali della Rai.
La “carta d’identità”, frutto di questa capillare consultazione, sarà la bussola che orienterà il cammino della Rai nel prossimo futuro consentendole, finalmente, di darsi una governance che le garantisca l’indipendenza, una struttura organizzativa efficiente e un’offerta coerente con la sua missione di servizio pubblico nell’epoca della crossmedialità.