di Nadia Redoglia
Per coloro che non lo sanno, ricordiamo che oggi 20 marzo 2013 è (sarebbe) vietato essere tristi in quanto che nel luglio scorso l’Onu fissò per questo giorno la celebrazione della prima Giornata Internazionale della Felicità. Le Nazioni Unite hanno ufficialmente dichiarato che la “felicità interna lorda (Fil) è parametro di ricchezza assai più costruttivo e salutare del (mero) prodotto interno lordo (Pil). Caspita! L’ha detto l’Onu, diamoci da fare! A prova dell’assunto ci viene portato ad esempio il Bhutan. E’ un pezzettino di mondo di circa 600mil anime, senza sbocco al mare, racchiuso nelle montagne himalayane confinante con Cina e India. Secondo i sondaggi è la nazione più felice dell’Asia, piazzandosi niente meno che all’ottavo posto nella scala dell’intero pianeta. Da secoli il suo storico regno si concentra a migliorare l’istruzione, promuovere la conservazione della cultura, operare per la protezione dell’ecosistema in armonia con lo sviluppo delle comunità locali. Attorno agli anni ’90 il regno espulse migliaia di bhutanesi originari del Nepal per lo più di religione induista che, secondo i parametri di quel Fil, evidentemente non potevano appartenere al regno della felicità…Ah, be’, sì be’…
Facendo le persone serie invece torniamo al ’68 allorquando Robert Kennedy, candidato alla presidenza della nazione più potente del mondo, dichiarò che il benessere (ovvero la felicità) della nazione non consisteva nell’affidare il quantum della sua “potenza” a pecunia che ciascun umano poteva potenzialmente produrre, bensì a quanto ciascun umano dalla sua nazione (già scontatamente precostituita per il bene di tutti) poteva naturalmente ricavare per il proprio personalissimo benessere. Fu ucciso poco dopo e, da allora tutte le potenze si guardarono bene dal riprendere il discorso…
Se fossimo persone serie, ancorché nazioni unite, prima di formattare giornate ad hoc, costituiremmo prima di tutto la natura, il senso della felicità.