di Roberta Ronconi
Arriviamo buone ultime a ragionare del film “Viva la libertà” di Roberto Andò. Un ritardo colpevole. Avremmo voluto sostenere questo titolo sin dalla sua comparsa per invogliare più gente possibile a non perderlo. I tempi della nostra distribuzione sono inesorabili, probabilmente “Viva la libertà” ha ancora pochi giorni di schermo, quando è invece uno di quei film per i quali sarebbe indispensabile avere sale apposite e costanti. Titoli che non si possono perdere, a costo di aspettare che chi deve trovi il tempo, magari tra due mesi o fra tre.
Con una scrittura degna di Sciascia (suo maestro) e di Pirandello, così come ovviamente del grande Harold Pinter (di cui è ideale allievo), Roberto Andò riesce in un sol colpo a raccontarci un magnifico personaggio (doppio) in cerca di definizione, un paese nella sua farsa politica, una sinistra senza più ideale, una serie di relazioni amorose ambigue e sfumate. Tutto in 94 minuti che passano come un soffio, rapiti come si è dalle avventure interiori del politico-poeta-pazzo interpretato da Toni Servillo, sorta di Indiana Jones alla ricerca dell’anima perduta.
Servito magistralmente dai personaggi di contorno di Valerio Mastandrea (il portaborse), Micaela Cescon, Anna Bonaiuto e Gianrico Tedeschi, Toni Servillo (che personalmente digeriamo con difficoltà) rende in piena grazia il suo mestiere di maschera al servizio del personaggio.
Di più non si può dire: un gioiello, un esempio. Per il cinema e anche per il resto.