Ci sono sorprese inattese che rendono felici. Bergoglio è proprio una di queste. Un gesuita è abituato a misurare le parole, a dare a ciascuna parola un senso preciso. Intanto il nome che si è dato: Francesco. In un’ intervista del 2002 aveva detto: “abbiamo il compito di annunciare il Vangelo andando a trovare la gente, non aspettando che la gente venga da noi. Il fervore missionario non richiede eventi straordinari. E’ nella vita ordinaria che si fa missione.” E San Francesco è l’ uomo che abbandona le ricchezze per entrare nella vita ordinaria della gente del suo tempo, gente povera, che aveva bisogno di trovare nelle radici profonde del Credo, nell’insegnamento più autentico del Figlio di Dio, il senso della loro vita, non nel fulgore, nell’ ostentazione del potere. E’ il potere, le sue ricchezze che porta alla guerra.
A Buenos Aires il Card. Bergoglio non solo usava abitualmente i mezzi pubblici, ma ha anche venduto l’ episcopio per aiutare i poveri ed è andato ad abitare in un appartamento modesto. Lo ha fatto senza grandi gesti, senza esibizionismi, convinto che quello era ciò che doveva fare.
Francesco, un nome che non piacerà a molti dirigenti dello Ior, che farà torcere di rabbia molti uomini della Curia. San Francesco era un uomo di pace che non ebbe timore di entrare in rotta di collisione con i potenti del suo tempo. Seppe affermare con forza che lui, l’ uomo che amava la natura, le bellezze del creato, era dalla parte dei poveri, degli ultimi, che lui stesso si faceva ultimo.
Appena eletto ha detto poche parole. Altre non ne ha dette, e anche queste hanno pesato. Non ha mai usato l’ espressione Papa, sommo Pontefice, Santità. Ha detto, citando un padre della Chiesa: “Il dovere del Conclave è di dare un Vescovo a Roma.”. E ancora: “vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito, Benedetto XVI”. Anche qui, in tutta tranquillità, senza polemiche, con la forza della semplicità ha sciolto un nodo. Non ha parlato di un Papa emerito, ma di un Vescovo emerito. Lui stesso si considera un Vescovo che esercita un primato nella carità. Affermazioni che aprono molte vie al dialogo con le altre confessioni cristiane. Antico sogno di Giovanni XXIII e del Concilio Vaticano II.
Viene da Bueno Aires. Conosce i problemi della grande città, dell’ urbanizzazione selvaggia, i problemi della povertà, dello sfruttamento, della violenza della strada. Conosce i problemi della delinquenza, conosce la realtà sociale della più abietta criminalità, del traffico della droga, dello sfruttamento dellah prostituzione, dell’ aberrazione di una società che registra grandissime ricchezze per pochi e grandissime povertà per molti.
E’ il primo gesuita a diventare Papa. I Gesuiti hanno dato alla Chiesa personalità di grande spessore. Basti pensare, per i tempi più recenti, alcuni nomi che hanno segnato la storia della teologia e dell’ esperienza religiosa: De Lubac, Karl Ranher, Teillard de Chardin, un Biblista come il card. Martini, un’ Istituzione come l’ Università gregoriana. Eppure la Curia, approfittando della sua vicinanza al Santo Padre, non ha esitato a mettere sotto torchio i gesuiti, a commissariarli e non in una sola occasione. Oggi questa Curia che ha combinato i disastri che sono sulla bocca di tutti, perde un’ altra battaglia. Oggi essere poveri, ispirarsi a San Francesco vuol anche dire liberarsi dall’ arroganza della burocrazia, dalla paura dell’ intelligenza, dagli schermi del potere che allontano dalla vita della gente. Mai quel nome, Francesco, è stato sentito come una necessità, un punto di partenza come in questo momento della vita della Chiesa.
Bergoglio viene, afferma con la sua elezione l’ ecumenicità della chiesa, la forza di quel continente che noi chiamiamo Sudamerica, trova molte macerie e molte potenzialità. Ha la forza, la determinazione, la serenità per affrontare entrambe.