E’ trascorso ormai un anno da quando tutti i giornali e i tg davano la notizia dell’esecuzione, perché di questo sembra essersi trattato, di Vittorio Arrigoni, un attivista, un pacifista, prestato alla stampa e divenuto ( suo malgrado forse) il corrispondente per quella che è passata alla storia come Operazione Piombo fuso costata la vita a migliaia di civili palestinesi, in quel lembo di terra senza vie d’uscita che è la Striscia di Gaza. Chi lo ha conosciuto, in maniera diretta perché con lui condivideva l’amicizia e la solidarietà con il martoriato popolo palestinese lo ricorda ancora con un nodo alla gola e abbassando lo sguardo non riesce ancora a farsene una ragione, chi non lo ha conosciuto di persona ha avuto modo di ascoltare le sue parole e leggere i suoi racconti sul blog che curava da anni dalla Striscia di Gaza, quel guerrillaradio che gli amici di sempre hanno voluto far continuare a vivere. Come vivo è ancora il profilo facebook affollato di commenti e di post da ogni parte del mondo. Sono tanti troppi i punti oscuri che circondano la sua morte, il rapimento, la richiesta di uno scambio di prigionieri e l’uccisione prima che l’ultimatum scadesse, come se fosse stato già deciso che quel ragazzo che si recava nelle zone di confine con gli agricoltori palestinesi per fare da scudo umano contro i proiettili palestinesi in ogni caso doveva morire.
Perchè? Forse perchè era una persona scomoda per quello che faceva, per quello che diceva. Era scomodo il suo modo di raccontare la sofferenza di una popolazione civile costretta a vivere in una prigione a cielo aperto, era scomodo il suo farsi scudo umano, come quando usciva in mare a bordo delle barche dei pescatori palestinesi al largo della striscia e megafono spiegato cercava di fermare i proiettili anche lì, in mare aperto.
Lo ricorderà così l’Italia ( nonostante l’imbarazzante silenzio delle autorità italiane e una verità ancora lontana) da Roma a Milano, a Palermo, a Carrara, a Napoli, a Pordenone… e poi nel mondo Al Cairo, a Colonia, a Madrid a Parigi fino a Gaza, dove Vittorio aveva ricevuto la cittadinanza onoraria palestinese e dove domenica alla sua memoria verrà intitolato un pozzo.
Mentre le sue parole quelle con cui concludeva ogni corrispondenza, ogni articolo, ogni riflessione continuano a riecheggiare nell’etere come un messaggio di speranza: ”Restiamo umani!”