di Riccardo Cristiano
Padre Paolo Dall’Oglio, espulso dal regime siriano, è rientrato da clandestino in Siria. Per pregare sulle fosse comuni.
Quando mi aveva annunciato, a me come a tanti altri, la sua intenzione di rientrare clandestinamente in Siria mi ero detto, “Paolo è pazzo”. Poi ci ho pensato un po’, ho cercato di rivedere il suo volto, il suo sguardo, ho cercato di risentire la sua voce e mi sono detto che sbagliavo: “no, non è pazzo, è più semplicemente un prete. Davvero.”
Il mio cuore batte dove batte il suo? Sì, ma non basta questo a spiegare il perchè della mia ammirazione. Non si tratta di fare confronti inutili. Si tratta di immaginare un uomo, un religioso, che decide di partire dal suo convento, nel Kurdistan iracheno, per tornare in quella Siria dve ha vissuto per 30 anni, prima che un aguzzino la cacciasse via. Cosa c’è che non va, che non basta nella sua missione curda… Il kurdistan non merita la sua opera missionaria? Non basta? Una volta mi aveva detto, “per un discepolo tutto il mondo è patria…” E allora? Allora ha avvertito il bisogno fisico di “esprimere solidarietà a tutto il popolo siriano, dimenticato dall’irresponsabilità internazionale”, come ha detto all’ANSA che lo ha raggiunto a Tall Abyad, località nel nord della Siria al confine con la Turchia.
Dall’Oglio, 59 anni, per lungo tempo e fino al giugno scorso a capo della comunità monastica di Mar Musa a nord di Damasco, é entrato in Siria dal Kurdistan iracheno, un territorio da tempo non più controllato da Damasco ma dalle milizie curde. C’è un senso profondo, umano e spirituale, nelle sue parole. Che questa frase, dettata sempre al collega dell’ANSA, spiega ulteriormente: “Voglio andare sull’Oronte – il fiume che scorre tra Homs e Hama – a piangere sulle fosse comuni. Voglio andare sull’Oronte a chiedere che la rivoluzione siriana non diventi una guerra civile che chiede il sangue delle vendette.”
Da tempo diceva, anche a me, che lì, lungo l’Oronte, il destino sarebbe stato feroce. Feroce per la popolazione sottoposta a pulizia etnica dal regime, feroce per gli alawiti, che avrebbero patito, dopo, le possibili vendette.
Padre Paolo sta facendo quello che nessun pacifismo da operetta ha saputo pensare? Mi sembra proprio di sì… Sta facendo quello che le cancellerie non sanno neanche immaginare che si possa considerare? Mi sembra proprio di sì… Lo sta facendo nel disinteresse dei primi e delle seconde? Ovviamente… Ma c’è qualcosa che conta di più. Io penso che Paolo Dall’Oglio sta facendo quel che gli dice la coscienza di uomo, per ricordarci che lo saremmo anche noi.
Nel suo colloquio con l’Ansa padre Paolo ci ha voluto fare un altro regalo. Ci ha voluto regalare un altro atto di coraggio; quello di pensare. Le notizie dell’attentato di Damasco, che nel pieno centro ha ucciso oltre 50 persone secondo i media del regime, hanno scosso il padre gesuita. “Sono scioccato da quanto avvenuto a Damasco, poco lontano dalla casa dei gesuiti. Ed é naturale – ha detto – che io non approvi questo tipo di attentati. Ma il fatto che il popolo siriano sia bombardato dai missili Scud – ad Aleppo decine di civili tra cui bambini sono rimasti uccisi nei giorni scorsi da un bombardamento di Scud governativi – provoca inevitabilmente delle reazioni”. Già, le reazioni… Grazie padre Paolo Dall’Oglio, s.j.