La stampa tunisina ha dimostrato di essere un vero baluardo nella difesa dei principi che hanno ispirato la prima rivoluzione araba. Quegli stessi principi di laicità, libertà civili e pluralismo, che sono stati messi a dura prova da una serie di recenti avvenimenti, in cui l’uccisione di Chokri Belaïd, l’avvocato e esponente politico freddato da sicari due settimane fa, è stato solo il sanguinoso culmine.
Dopo che i social network furono lo strumento per dare voce alla rivolta popolare, evitando la censura del regime, la libertà di stampa è diventata un “fait accomplis” del sistema democratico tunisino e ha dimostrato di avere la “schiena diritta” davanti alle pur forti pressioni esercitate dal partito di maggioranza relativa Ennahda.
Oggi le politiche del partito filo-islamista che ha vinto le elezioni sono state messe in discussione proprio grazie alla capacità di “racconto” della stampa tunisina che in larga parte è rimasta fedele ai principi della rivoluzione e che si è mobilitata in occasione degli attacchi violenti, condannando apertamente e indicando, anche rischiando personalmente, le pericolose connessioni tra il partito Ennahda e le milizie armate.
Un esempio per tutti: il giornalista Zied del Hani, membro del Syndacat National de Journalistes Tunisien, è potuto andare in televisione e apertamente denunciare il sospettoso immobilismo del Ministero dell’Interno che a fronte delle denunce di minacce più volte fatte da Chokri Belaïd, non prese nessuna misura di protezione. Interpellato subito dopo da un giudice, è stato difeso dal sistema mediatico tunisino, a cui va il merito e il plauso di un efficace meccanismo di autodifesa.
Articolo 21 e la stessa FNSI che già in passato hanno organizzato riunioni e contatti con l’associazione della Stampa Tunisina, sono impegnati al sostegno, sotto ogni forma dei colleghi tunisini.
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