Il 7 aprile, è una data che rammenta tempi ormai lontani: anni di piombo, di lotte, di servizi segreti e trame oscure.. ma, oggi il pensiero corre istintivo ai ragazzi e alle ragazze che ieri, a Bologna, hanno ritenuto di bruciare la bandiera europea rivendicando, peraltro, sacrosanti diritti allo studio, alla sanità, a un lavoro.
Bruciare una bandiera è una forma di sfregio estremo, può ricordare il goliardico manicheismo del tifo calcistico; ma, applicato alle categorie della politica, suona come vero atto di guerra, di rifiuto totale. Odora di prevaricazione e di dispotismo. Anche la critica più radicale alle politiche di Bruxelles non può infatti ignorare che quella bandiera rappresenta pur sempre l’utopia della unione pacifica di popoli europei. Si può, si deve, dunque contestare chi infrange quel sogno, ma non bruciare quel simbolo senza ammettere che si sta precipitando nel campo auspicato da altre potenze ben più forti della stessa Europa, costruito su logiche di imperi multinazionali che concepiscono il Vecchio continente come terra di spartizione per il semplice motivo che il potere mondiale “vero” ormai sopravvive su altre dimensioni e latitudini.
Democrazia, libertà, uguaglianza, giustizia diventano così valori di cui si può, anzi si deve, fare a meno in nome di un efficientismo in cui il “diritto” diventa avidità e la legge è quella del più forte (tecnologicamente, militarmente, economicamente). I popoli di Gaza come prima quelli della ex Jugoslavia e prima ancora quelli curdi, armeni, africani… ma l’elenco è purtroppo infinito sono stati le vittime di questa concezione che nel 1941, mentre infuriava la seconda guerra mondiale e si consumavano spaventosi genocidi, alcuni uomini esiliati, deportati sull’isola di Ventotene cercarono di invertire stilando quel Manifesto che in quella bandiera in qualche modo dovrebbe ancora essere rappresentato.
Non si può dunque rivendicare alcuna pace bruciando un vessillo. Specialmente quel vessillo.
I ragionamenti sulla inopportunità del riarmo, così come concepito dal ReArm Europe Plan si fondano, proprio su queste premesse ineludibili.