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Furio Colombo: un ricordo personale

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La mia è una testimonianza di gratitudine per Furio Colombo amico e maestro che desidero, prima di tutto, ricordare come autorevole componente della giuria nei concorsi sulla Costituzione promossi da Articolo 21 nelle scuole italiane.

Ho incontrato Furio per la prima volta nella primavera del 1967 nei camerini del Teatro Sistina dove accompagnava la sua amica Joan Baez, in Italia per il suo primo tour, da poco scarcerata per il suo impegno contro la guerra in Vietnam, una guerra che conosceva in prima persona per averla documentata e denunciata nei suoi reportage dal 1968 al 1972.

Il nostro primo incontro di lavoro risale al 1974 quando era dirigente dei programmi culturali della Rai, sotto la direzione di Fabiano Fabiani. Venivo dall’esperienza radiofonica di Per voi giovani, dove avevamo affinato un metodo di lavoro che puntava sulla partecipazione diretta dei protagonisti alla realizzazione e al montaggio delle inchieste sociali. Insieme a Raffaele Siniscalchi, decidemmo di portare quel metodo in televisione e lo presentammo a Furio. Dopo aver letto e apprezzato il progetto, ci mise subito in guardia: la direzione della Rai difficilmente avrebbe accettato l’idea di coinvolgere i protagonisti delle realtà sociali nella realizzazione delle inchieste. Pertanto, ci consigliò di esporre i temi da trattare senza parlare del metodo per evitare che il programma venisse bocciato sul nascere. Questa accortezza, accompagnata dal suo sostegno, consentì a Cronaca di vedere la luce nonostante fossimo ancora nella “Rai di Bernabei”. E quando iniziarono le contestazioni e i tentativi di censura, Furio non esitò a schierarsi al nostro fianco.

Insieme a Umberto Eco, Colombo fu tra i fondatori del leggendario Dams di Bologna, dove insegnò fino a quando, nella seconda metà degli anni Settanta, si trasferì negli Stati Uniti. Ascoltando le sue lezioni si restava incantati dall’eleganza e dalla padronanza impeccabile del linguaggio, una dote perfettamente in armonia con il suo stile e il suo modo di fare. Prima di partire, Furio mi lasciò in “eredità” alcune delle sue lezioni del corso, offrendomi l’opportunità di portare il nostro modo dintendere il giornalismo d’inchiesta nel campo della sociologia, una disciplina che ancora stentava a misurarsi con le immagini intese come fonti primarie della ricerca.

Furio possedeva una straordinaria autorevolezza: una combinazione speciale di competenza, carisma ed eleganza. La sua capacità diplomatica era altrettanto eccezionale (basti pensare al suo ruolo di interprete di Enrico Mattei nel film di Francesco Rosi, dove, di fatto, interpreta, stesso!).

Sempre a New York, nella primavera del 1978, potei avere conferma della stima e dell’autorevolezza di cui godeva. Nelle prime settimane successive all’assassinio di Aldo Moro stavamo realizzando un’inchiesta sullostrategic leak“, la fuga di notizie volta a di perseguire un determinato fine politico o mediatico – nel caso specifico la richiesta da parte del Dipartimento di Stato Usa di richiamare in patria l’Ambasciatore Gardner per consultazioni urgenti, nei giorni in cui sembrava aprirsi un varco alla trattativa con i brigatisti. Grazie alla solida reputazione che vantava nel campo dell’informazione, Furio riuscì a farci incontrare e intervistare , da un giorno all’altro, Bob Woodward e Carl Bernstein, i celebri giornalisti del caso Watergate, e ad aprirci le porte del Dipartimento di Stato, dove fummo ricevuti dal portavoce con tutti gli onori nonostante stessimo indagando su una fake news (l’ambasciatore non era stato richiamato affatto!) messa in giro proprio dagli ambienti di governo.

Devo infine a Furio, allora Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di New York, una presentazione in grande stile, nel 1993, dell’Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche, un’opera realizzata dalla Rai in collaborazione con l’Istituto per gli Studi Filosofici e la Treccani.

Negli ultimi vent’anni ho incontrato Furio almeno una volta l’anno, a casa di Citto Maselli, immancabile ospite delle sue indimenticabili feste di compleanno. Avevamo in animo di raccogliere in unico “fondo” tutti i suoi documentari-inchieste realizzati per la Rai nei diversi continenti: dall’India al Giappone, dall’America alle Filippine, da Hong Kong a Singapore. Chissà che un giorno non si riesca davvero a crearlo e a renderlo pubblico su RaiPlay dove peraltro è possibile vedere “I bimbi di Bien Hoa, un reportage del 1968 sulla guerra in Vietnam, un capolavoro paragonabile soltanto a Hiroshima mon amour”.


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