Dal disastro siriano non emerge alcuna traccia di padre Paolo Dall’Oglio. Inghiottito nell’orrendo buco nero della Siria degli Assad e del suo nemico perfetto, l’Isis, il 29 luglio 2013, qualcuno in questi giorni si è ricordato di lui; moltissimi siriani, non molti italiani. Eppure proprio lui ci aveva aperto gli occhi su quello che oggi abbiamo finalmente visto: la Siria era stata trasformata in un mattatoio da un efferato sistema di distruzione dell’individuo, spogliato di ogni dignità personale.
Il vero mistero che emerge dalla Siria è questo: come sia stato possibile ignorare l’esistenza di un capillare sistema di satanica perversione che consentiva ogni giorno, per anni, anche decenni, di torturare, umiliare, seviziare, migliaia, centinaia di miglia di detenuti, anche fino a cancellarne ogni traccia scegliendoli nell’acido. Quelle persone erano usate per le peggiori perversioni immaginabili, per disgustose prassi perpetrate attraverso quegli esseri umani seviziati quotidianamente per offendere in modo irreversibile l’umanità intera.
Di cosa si trattava? Di un sofisticato sistema teso a sottomettere nel terrore tutta la Siria al silenzio, terrorizzata dall’idea di fare la stessa fine, o dell’esaltazione di un satanismo umano? E’ difficile capire, come è difficile capire che tutto questo sia ormai relegato nei titoli di coda di una scoperta ridotta a fatto di cronaca archiviato in pochi giorni. In Siria ci sono ancora un’infinità di corpi gettate in fosse comuni, che sappiamo tutti trovarsi non solo a Saydanaya, a damasco, ma anche a Daraa, in tutta la valle dell’Oronte e chissà dove. C’era un progetto: ricoprirle con colate di cemento che avrebbero cancellato per sempre la loro memoria.
Ma ci sarà una Norimberga per tutti i complici del Dracula siriano, fuggito a Mosca con chili d’oro. E il suo consigliere spirituale, che forse è ancora a Damasco, non ha nulla da dirci, da spiegarci?
Il sacrificio ancora sottovalutato, anch’esso archiviato come altro fatto di cronaca, dolorosa ma cronaca, non altro, sarà -con tempismo lucido e importantissimo- ricordato ad Assisi nel giorno di Santo Stefano, il primo martire cristiano, ad Assisi. Lo farà meritevolmente Pro Civitate Cristiana, alle 18.00 del 26 dicembre, proiettando il bel docufilm di Fabio Segatori, che finalmente ci restituisce la storia di un romano, un prete romano, un gesuita romano. Una scelta di visione e di riconoscimento, importantissima, di quel che ha significato la sua vita e la sua scelta di quel 29 luglio 2013: testimoniare sempre, fino in fondo!
Per questo è per me un dovere essere ad Assisi quel giorno. Ci sono alcune parole che non sono solo parole, una di queste è la parola “pace”, così importante per la città di San Francesco.
La pace per Paolo non è stata una parola, o un chino silenzio che accettava tutto, ma una scelta di vita e ringrazio Articolo21 di aver partecipato all’ideazione e promozione di questo appuntamento che finalmente ci ricorda che i martiri non dovrebbero essere tali solo davanti alla prova del martirio, ma anche davanti alla certezza della loro intenzione di testimoniare comunque, a qualsiasi costo, anche della vita! E questa intenzione andando nella tana dell’Isis Paolo l’ha dimostrata: rivivere la sua storia, fino a quel punto, il 26 dicembre, il giorno dedicato ai martiri cristiani, ad Assisi, sarà per me, come spero per tanti, un piccolo segno di comprensione e gratitudine. Nella promessa che cercarlo è un impegno doveroso, capirlo un obbligo, che quel che abbiamo visto inorridendo appena un po’ dovrebbe rendere un’esigenza prioritaria.