I banchetti e le lacrime, forse anche i comunicati e le dichiarazioni costernate, sono già pronti. Tra poche ore (domani, 20 dicembre) il Tribunale di Palermo si pronuncerà sulla posizione dell’imputato Matteo Salvini circa il cosiddetto caso Open Arms, la nave della Ong spagnola che rimase bloccata al largo senza poter sbarcare i naufraghi salvati. Quello che si avvia alla conclusione è un processo lungo che qualcuno si scomoda a definire “politico” perché l’imputato è un ministro della Repubblica in carica e lo era anche allora. Salvini, tra video, post e dichiarazioni di amici, continua a dire di aver “solo” difeso i confini italiani, dimenticando che non siamo un Paese in guerra e che su quella nave non c’era un esercito armato bensì dei poveri migranti in condizioni precarie.
Il processo va avanti da tre anni, con un totale di 24 udienze, 45 testimoni escussi e adesso l’ultima udienza presso il Tribunale della Casa Circondariale “Pagliarelli” di Palermo. L’ex ministro dell’Interno e attuale ministro dei trasporti è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, per il fatto di aver impedito per 19 giorni lo sbarco di 147 persone, tra cui minori, soccorse dalla Ong Open Arms nel corso di 3 salvataggi nell’agosto 2019. La pubblica accusa al termine di una minuziosa requisitoria ha chiesto la condanna a 6 anni di reclusione oltre alle pene accessorie. Il difensore di Salvini, l’avvocato e parlamentare Giulia Bongiorno, ha chiesto l’assoluzione, mentre il partito guidato dall’imputato, la Lega ha annunciato durissime reazioni, anche di tipo politico, nel caso in cui dovesse esserci una condanna. Quindi il clima di condizionamento del processo è piuttosto evidente. Ed anche per questo il processo è stato definito uno spartiacque sulla divisione dei poteri e sula reale uguaglianza costituzionale dei cittadini davanti alla legge.
Open Arms in queste ore ha fornito una ricostruzione millimetrica dell’accaduto, corredata da dichiarazioni che danno la misura di ciò che accadde in quei giorni dell’estate del 2019.
“Dal 1° al 20 agosto 2019, 163 persone sono state soccorse nel Mediterraneo e portate a bordo della Open Arms, tra cui 28 minori non accompagnati. Questa piccola parte della nostra biografia racconta come queste persone sono state essere trattenute per 20 giorni a bordo della nave, e in condizioni fisiche e psicologiche tali da portare a situazioni disperate: come il gettarsi in mare nella speranza di raggiungere la costa. – si legge nella nota della Ong – La ricerca di un porto sicuro in cui sbarcare le persone soccorse, nonché gli ostacoli posti dal governo italiano nel facilitare tale compito, hanno portato questa piccola parte della nostra storia a un processo in cui sul banco degli imputati c’è Matteo Salvini, ministro dell’Interno nel 2019. L’unica vittoria possibile per noi è quella di cambiare le leggi sull’immigrazione e garantire che non accada mai più qualcosa di simile a quanto avvenuto durante la Missione 65″.
https://www.openarms.es/uploads/Report_OpenArms_IT.pdf