Nel febbraio 2024 il giornalista indipendente serbo Slaviša Milanov è stato fermato dalla polizia col pretesto di un controllo del tasso alcolemico. Portato in questura, gli è stato ordinato di consegnare lo smartphone, uno Xiaomi Redmi Note 10S. Poi è iniziato l’interrogatorio da parte di agenti in borghese sul suo lavoro. Mentre rispondeva alle domande, già stranito perché fermato in quanto sospettato, lui astemio, di guidare in stato di ubriachezza, il sospetto è raddoppiato quando non gli hanno chiesto il pin.
Al termine degli interrogatori, il sospetto è stato confermato: Milanov si è accorto che lo smartphone restituitogli era stato manomesso e i dati erano scomparsi. SI è allora rivolto al Security Lab di Amnesty International chiedendo che l’apparecchio venisse analizzato. Dall’analisi è emerso che, durante l’interrogatorio, era stato usato un prodotto dell’azienda israeliana Cellebrite per sbloccare lo smartphone ed estrarne i dati e che vi era stato caricato uno spyware fino a oggi sconosciuto, NoviSpy, forse made in Serbia o importato dall’estero.
Questa storia ha spinto Amnesty International a fare una ricerca più ampia, dalla quale è emerso che la polizia e l’Agenzia per la sicurezza delle informazioni della Serbia ricorrono regolarmente a NoviSpy per infiltrare gli smartphone di giornalisti e attivisti.