L’ex ministro Sangiuliano, in più occasioni, ha citato Pasolini e Gramsci, definendoli autori a lui cari, due punti di rifermento.
Dopo di lui ci ha riprovato il ministro Giuli.
Dal momento che Pasolini è stato assassinato il 2 novembre del 1975 e dunque non può replicare, sarà il caso di non cancellare la memoria.
Pier Paolo Pasolini, in vita è stato oltraggiato, querelato, persino inseguito dai fascisti.
I giornalisti della destra hanno scatenato contro di lui invereconde campagne di insulti, perché “comunista e omosessuale” secondo gli insegnamenti mussoliniani, ripresi e condivisi dagli Almirante, dai Rauti, dai Borghese, dai Graziani.
Contro Pasolini sono state scagliate oltre 150 querele bavaglio, quasi tutte arrivate dalle associazioni della destra squadrista e bigotta.
I mandanti dell’ultima aggressione, secondo tutte le ricostruzioni, provenivano dagli ambienti della più torbida destra romana.
Per quanto riguarda Antonio Gramsci, morto dopo una lunga e pesante carcerazione nelle galere del Duce, basterebbe leggere “Il popolo delle scimmie” per comprendere il suo pensiero sui fascisti e sulla loro natura.
Li riteneva asserviti agli agrari, vigliacchi, odiatori del popolo, guerrafondai, razzisti.
Nel loro Pantheon restano Mussolini e i suoi seguaci.
Gramsci e Pasolini, anche da morti, rifiuterebbero di stare in loro compagnia, sempre e comunque.