Il patto militare fra Egitto, Eritrea e Somalia

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È nata una nuova triplice alleanza che riunisce Egitto, Somalia ed Eritrea in un patto di cooperazione militare, con l’appoggio esterno della Turchia. L’obiettivo è contenere l’intenso espansionismo politico-economico dell’Etiopia percepito come una minaccia dai tre paesi. Addis Abeba rischia così di restare sempre più isolata nell’Africa occidentale, dove si aggravano le tensioni regionali per le pretese etiopi di garantirsi un accesso al mare nella regione separatista somala del Somaliland ed anche per i mancati accordi con Il Cairo sulla gestione delle acque del fiume Nilo. Un inasprimento dei rapporti che rischia di mandare a gambe all’aria anche la tanta invocata “stabilità politica” in una delle aree più calde e strategiche del continente, dove Europa e Stati Uniti (questi ultimi presenti anche con basi militari per contrastare la minaccia del terrorismo jihadista) sono esposte da tempo anche con investimenti per trovare soluzioni.

I presidenti Abdel Fattah al-Sisi (Egitto), Hassan Mohamud (Somalia) e Isaias Afwerki (Eritrea) condividono ufficialmente dallo scorso 10 ottobre il comune obiettivo di affrontare il terrorismo degli Shabaab in Somalia e proteggere “i suoi confini terrestri e marittimi mantenendo la sua integrità territoriale”.

A specificarne gli intenti ci hanno pensato le autorità di Asmara per cui il fine ultimo dell’accordo è migliorare la stabilità regionale e garantire “il rispetto inequivocabile per la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale dei paesi della regione”. Fuor di metafora, la Triplice si dice pronta “ad affrontare l’interferenza negli affari interni dei paesi della regione sotto qualsiasi pretesto o giustificazione, coordinare gli sforzi congiunti per raggiungere la stabilità regionale e creare un clima favorevole per uno sviluppo congiunto e sostenibile”.

È un avvertimento rivolto direttamente al primo ministro etiope Abiy Ahmed: la Somalia ha il diritto di difendere l’integrità del suo territorio nazionale minacciata dall’accordo del gennaio 2024 tra Etiopia e Somaliland, secondo cui questo stato-regione (che si autoproclamò indipendente nel 1991 ma che invece Mogadiscio considera ancora parte integrante della nazione) ha concesso ad Addis Abeba 20 chilometri della sua costa per la costruzione di un porto commerciale.

Il governo somalo ha più volte accusato gli etiopi (che respingono gli addebiti) di inviare armi e munizioni non autorizzate nella regione semiautonoma del Puntland, a Baidoa e nella regione centrale del Galmudug.

L’occasione per sparigliare il tavolo da gioco è stata offerta anche dal ritiro (che si concluderà il 31 dicembre) dalla Somalia della Missione di transizione dell’Unione Africana (Atmis). Dal 1° gennaio 2025 è previsto lo schieramento di un’altra forza di pace: Aussom, Missione di Supporto e stabilizzazione dell’Unione Africana in Somalia, che non conterà più su forze etiopi, come è stato fino ad ora, ma su 5 mila militari egiziani mentre altri 5 mila soldati del Cairo affiancheranno l’esercito di Mogadiscio.

Egitto ed Eritrea affiancano la Turchia nel sostegno militare del debolissimo esercito somalo, minacciato dal terrorismo islamista interno. Ankara per 10 anni fornirà armi, equipaggiamento ed addestramento alla marina somala, tutta da creare letteralmente dal nulla. In cambio otterrà il 30% delle risorse economiche marittime. Secondo gli accordi, la Turchia potrà schierare le proprie navi da guerra a difesa delle coste somale, un ulteriore rafforzamento della presenza di Erdogan che già nel 2017 inaugurò a Mogadiscio la più grande base militare all’estero.

L’Eritrea dopo lo storico accordo di pace firmato dopo quasi due decenni di tensioni armate sui confini (che spianò la strada verso il Nobel per la pace nel 2019 al premier Abiy Ahmed) ha dapprima contribuito alla dura repressione della popolazione nella regione settentrionale etiopica del Tigray schierando le sue truppe a fianco di Addis Abeba. Ma poi le relazioni tra i due paesi si sono deteriorate per il dissenso eritreo sugli accordi di pace del novembre 2022 siglati tra l’esecutivo etiope e i combattenti del Tigray.

I rapporti con l’Egitto si sono ulteriormente avvelenati con l’entrata in funzione della enorme diga etiopica della Rinascita. Il Cairo la considera una minaccia alla sicurezza nazionale perché teme una riduzione dell’afflusso delle acque del Nilo, in grado di mettere in ginocchio l’economia. Più volte caccia egiziani si sono alzati in volo e fermati all’ultimo momento ma restano le minacce di sabotare la diga che oggi contiene più di 42 miliardi di metri cubi d’acqua.

Le crisi si allargano, le minacce alla pace anche. Non solo in Europa e Medioriente.

 

 Dal mensile CONFRONTI n.11 novembre ‘24

 


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