Purtroppo per noi un problema nel divulgare le “brutte notizie” che riguardano il lavoro, e soprattutto i morti di infortunio, lo abbiamo sempre avuto. In questi giorni è stato, giustamente, stigmatizzato dall’Assostampa toscana, il silenzio della Procura di Firenze sulla morte di un operaio immigrato avvenuta sulla A1. E’ una grave violazione del diritto dei cittadini ad essere informati, ma anche un gravissimo vulnus alla memoria di quel lavoratore. Tuttavia è quanto dispone la legge Cartabia, presentata come una delle riforme della Giustizia italiana ma in realtà divenuta presto un bavaglio, nonché la patente data a tutti i Procuratori della Repubblica di selezionare, pubblicare o censurare le notizie, morti sul lavoro compresi. Anche in questo caso la memoria e i documenti d’archivio ci aiutano a capire la deriva di regime cui si sta andando incontro.
Leggere le veline del regime fascista per rendersene conto è facile e doloroso.
Oggi come ieri.
“Si raccomanda di non pubblicare cifre sul tesseramento sindacale, perché possono dare spunto a commenti antifascisti, con malevoli interpretazioni. Non dare notizia del ritorno in Italia delle salme degli operai italiani vittime di una sciagura sul lavoro in Germania” ( velina del 20.1.1941).
E poi ci sono quelle leggine che cercarono di fornire impunità a chi praticava la violenza, che ricordano in modo terribile certi recenti decreti volti a punire chi manifesta in piazza o si ribella in carcere(anche in modo passivo) salvando chi picchia.
“Non riprendere la proposta di Regime fascista per la immunità degli squadristi silenziatori dei disfattisti, ovviamente troppo sfruttabile fuori. I ceffoni vanno dati, non detti, o almeno non stampati” (velina del 26.11.1942).
E ancora: come tralasciare il dibattito geografico, la qualificazione di nord e sud e come lo si poteva (lo si può) narrare.
“Non parlare di ‘lavori ‘ parlamentari, frasi del vecchio tempo. Citare, invece, anche nei titoli, i principali provvedimenti presi”.
“Non usare più la denominazione Mezzogiorno. Il Mezzogiorno nella nuova Italia può cominciare a sud della Sicilia”.