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Il rischio eversione secondo Meloni

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Commuove davvero la presidente del consiglio Giorgia Meloni che di fronte allo tsunami giudiziario sul mercato illegale delle intercettazioni evoca il rischio di eversione dello Stato di diritto ed auspica che la magistratura vada “fino in fondo”.

Chi se lo aspettava che la campionessa degli eredi-al-quadrato (del Duce e di Berlusconi) riuscisse a preoccuparsi per lo Stato di Diritto? Addirittura evocando il rischio eversivo! Sbalordisce ed accende una speranza perché in questi mesi abbiamo più volte adoperato le stesse parole, ma per denunciare condotte, leggi o proposte di legge del suo Governo, della sua maggioranza. Abbiamo più volte denunciato l’insofferenza culturale e politica alla divisione tra poteri dello Stato, che ha condotto ripetutamente ed in perfetta continuità fascistico-berlusconiana, ad attaccare la magistratura proprio nella sua indipendenza, evocando ancora recentemente il bisogno di urgentissime riforme per chiarire i rapporti tra politica (impunibile!) e magistratura. Nell’attesa delle “Leggi melonissime”, abbiamo denunciato il tentativo di sabotare definitivamente lo Stato di diritto disegnato dalla nostra Costituzione repubblicana ed anti fascista (come ha ancora recentemente sentito il bisogno di rimarcare il Presidente della Repubblica) attraverso la riforma del “premierato” con allegata inevitabile riforma della legge elettorale “spazza-opposizione”, l’assalto alla Corte Costituzionale per controllare il sindacato di legittimità sulle leggi, le innumerevoli norme “bavaglio” volte a rendere più complicato il diritto-dovere di informare i cittadini, fino alle deportazioni in Albania dei migranti catturati alla frontiera, che fondano “eversioni” ancora più profonde. Chi se lo aspettava che la Meloni potesse augurarsi “La magistratura vada fino in fondo!” e non soltanto che la magistratura “vada a fondo” dopo i ripetuti interventi, fatti e programmati, per limitare oltre che l’indipendenza della stessa anche la sua operatività, contenendo il più possibile proprio quello strumento senza il quale le ultime inchieste della magistratura contro il mercato illecito delle informazioni sarebbero state semplicemente impossibili e cioè le intercettazioni?

Si direbbe che soltanto gli imbecilli non cambiano idea e quindi non c’è che da rallegrarsi del cambio così radicale da parte della presidentissima, ci auguriamo prodromico alle sue dimissioni, dal momento che dovrà di conseguenza ritirare il proprio sostegno all’intera strategia politica della maggioranza che la sostiene.

Sul merito della vicenda una considerazione ed una puntualizzazione.

Il rischio che il “nuovo petrolio” e cioè le informazioni digitalizzate e veicolate dalla rete alla velocità della luce, siano sottoposte a molteplici, gravissimi, attacchi, sia interni (gli imprevedibili “infedeli”) che esterni, di potenziale portata eversiva dello Stato di diritto, è noto agli addetti ai lavori da oltre un decennio, tanto che persino il procuratore generale di Roma, Giuseppe Amato, che ha il sommo e poco conosciuto potere di autorizzare le intercettazioni preventive da parte dei nostri servizi segreti è recentemente intervenuto cercando di “stringere le viti” per ridurre il rischio di utilizzi impropri di uno strumento legale tanto potente ed invasivo. Io personalmente non dimenticherò mai l’intervento che fece nel 2017 agli stati generali dell’anti mafia l’allora capo del DIS (la cabina di regia dei servizi italiani) il prefetto Alessandro Pansa, in riferimento ad un vasto attacco informatico che molte strutture strategiche italiane avevano da poco subito, che disse, più o meno, noi non siamo in grado di dire cosa abbiano fatto durante l’attacco, quante cose abbiano portato via, quante cose abbiano modificato… Il virus adoperato per l’attacco aveva un nome azzeccatissimo: Wanna cry! Cosa è stato fatto in tutto questo tempo? La relazione privilegiata tra Meloni e Musk (guru dell’ultra destra mondiale) ha a che fare con quello che sta succedendo? Ovvero le informazioni strategiche per la Repubblica resteranno un bene pubblico adeguatamente protetto dallo Stato o prenderanno la via della privatizzazione, come avviene per la sanità? La vicenda “Striano”, che agita con una certa strumentalità la Commissione parlamentare antimafia, potrà a questo punto essere riconsiderata nell’ambito di questo scenario più complessivo e ricondotta alle sue più utili valenze legate alla sicurezza generale del sistema informatico?

Infine. C’è una bella differenza tra chi ha a cuore lo Stato di diritto sempre e per chiunque e chi invece si ricorda dello Stato di diritto soltanto quando ritiene violata la propria riservatezza. Nel secondo caso, di norma, sul banco degli “imputati” finiscono i giornalisti, prima ancora che i ladri di informazioni. Come accadde quando l’antimafia parlamentare a guida Colosimo mise “alla sbarra” (fatto senza precedenti) il direttore di Domani Emiliano Fittipaldi, reo di aver pubblicato notizie vere e di interesse generale, riguardanti però il ministro Crosetto. Anticipando con ciò un nuovo, luminoso, ordine costituzionale: lo Stato di diritto… all’occorrenza.


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