Un mega dirigente del fu servizio pubblico, tale Paolo Corsini, noto soprattutto per aver fatto un comizio alla festa dei giovani di Fratelli d’Italia, rivendicandone l’appartenenza, si permette di dare dell’ “infame” al conduttore di Piazza pulita Corrado Formigli che, ovviamente, avendo la registrazione la manda in onda.
Corsini si rivolge in questo modo ad una troupe de la 7 uscendo dalla festa del quotidiano Il Tempo, sciaguratamente organizzata in un museo pubblico, la Galleria Nazionale di Arte Moderna, come mai accaduto in precedenza. La terza festa privata organizzata in un museo statale, pagato anche con le nostre tasse, da un manipolo di figure che della dignità di servitori dello stato non conosce neppure i fondamentali.
Solidarietà, affetto e stima per Corrado Formigli, un giornalista-giornalista che cominciò facendo la gavetta al Manifesto e poi a Tempo Reale, in Rai, con Michele Santoro, che per primo entrò a Kobane in Siria, che ha sempre vinto le cause subite come tutti i giornalisti di inchiesta perseguitati perché raccontano i fatti.
Ma altrettanto vergognoso è il silenzio del sempre fu servizio pubblico che non ha detto una parola di fronte ad un tale comportamento di un suo dirigente. Dice il direttore de la 7, Andrea Salerno, che dispiace vederlo così, il servizio pubblico, nel quale molti di noi (me compresa) siamo cresciuti, ci siamo affermati, e contribuito alla sua crescita. Ha ragione da vendere. Diciamo che siamo in presenza di una vergogna dopo l’altra. Giustamente l’Usigrai pretende almeno l’applicazione del codice etico e di disciplina aziendale nei confronti di Corsini.
Le parole sono importanti e ogni giorno configurano un attacco senza tregua da parte del governo di estrema destra nei confronti di chi difende la costituzione. Magistrati e giornalisti sono gli obiettivi principali, schedati, perseguitati, minacciati attraverso querele temerarie, intimiditi, diffamati al punto di diventare, come i giudici, bersagli da colpire per le frange più esagitate che comunque a questo governo e in particolare ai partiti di Giorgia Meloni e Matteo Salvini si richiamo in modo più o meno esplicito.
Basta titubanze, mezze parole, tentennamenti, inutili distinguo fra chi è meno o più estremista. Qui si tratta di democrazia. E come dice Antonio Scurati “la democrazia è sempre lotta per la democrazia”