Buonvino e il circo insanguinato

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La quinta avventura del commissario Buonvino, frutto della fantasia dell’ex primo cittadino capitolino, si consuma sotto un tendone animato da acrobati, illusionisti e clown. Tra rimandi felliniani e mistero, il nuovo poliziesco di Veltroni unisce ad una solida trama un’eccellente indagine introspettiva dei personaggi. 

Non c’è pace per il Commissario Giovanni Buonvino, neppure sotto le feste di Natale. Finalmente tornato ad una vita serena con sua moglie Veronica dopo mesi di angoscia e corridoi d’ospedale, la quiete del Commissario di Villa Borghese viene nuovamente turbata, questa volta, dall’arrivo del Circo Colaiacomo al Parco dei Daini.

La presenza del circo sarà per Buonvino l’occasione per assecondare l’amore di Veronica per questa forma d’arte, nonostante il suo atteggiamento contrastante: di attrazione e timore allo stesso tempo. Ed ecco che, alla prima dello spettacolo, durante il numero più atteso, la trapezista Manuelita sfugge in volo alla presa del suo compagno di vita e di scena, Alberto, precipitando rovinosamente da 9 metri di altezza proprio sulla parte rigida della rete di protezione, sotto lo sguardo attonito del pubblico.

Nonostante gli immediati soccorsi, per lei non c’è nulla da fare. Ma quello che potrebbe essere considerato un tragico incidente non convince il Commissario, persuaso dal fatto che dietro l’accaduto possa nascondersi qualcosa. A Buonvino, infatti, la narrazione bucolica del gruppo circense fattagli da Ercole, il direttore – che lo aveva invitato a raggiungere il tendone prima dell’inizio dello spettacolo – come una grande famiglia, molto affiatata, che condivideva tutto con tutti, nel bene e nel male, era sembrata stonata, almeno a giudicare dagli sguardi di alcuni degli artisti incontrati. In particolare, era stato colpito dalla tristezza negli occhi di Manuelita, la figlia di Ercole.

Grazie al suo intuito, con l’attenzione ai dettagli che da sempre lo ha aiutato nelle indagini, e con la sua grande abilità introspettiva, il commissario Buonvino, caro all’autore – un uomo giusto che chiunque vorrebbe come amico – interrogando uno ad uno i membri della carovana comprende piano piano che quella grande famiglia che mangia, dorme e si esibisce insieme, non è poi così unita come vorrebbe apparire. Infatti, le indagini svolte metteranno, a poco a poco, a nudo i rancori, le rivalità, le infedeltà, i segreti e le solitudini che permeano l’atmosfera clownesca e fantastica delle esibizioni circensi.

Walter Veltroni con questo quinto romanzo di una serie ormai amatissima dal pubblico, come sempre pubblicata da Marsilio nella collana ‘Le Lucciole’ (195pp, 15 euro) – ben oltre l’indagine – con consumata abilità narrativa, arricchisce il romanzo di quel calore che rende i suoi personaggi incredibilmente umani, concreti, consentendogli di prendere vita uscendo dalle pagine. Altresì, non mancano i riferimenti al cinema – che lo stesso Buonvino, come del resto l’autore, ama profondamente – e in particolare a Fellini che molto ha lavorato sull’atmosfera ambivalente del circo.

Tutto il romanzo – che ruota attorno al circo che diventa un microcosmo rappresentativo della realtà dei nostri giorni – è permeato da un clima di tristezza, di malinconia e di solitudine che accompagna anche Giovanni Buonvino nella serata di fine anno. Un giallo che con il suo ‘coup-de theatre’ finale mette in luce una realtà fatta di infelicità, disagio, delusioni e invidie, sentimenti con cui ciascuno è chiamato a confrontarsi in questo desolante momento storico, anche solo facendo i conti con la cronaca quotidiana.


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