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Acqua al mare e al vento. Una proposta contro la siccità e per l’energia

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Nonostante la crisi idrica, che sta stravolgendo le economie siciliane, ancora si progetta prevedendo espressamente lo spreco di acqua. Il peggio è che tali progetti si realizzano. Consigliamo la visione dello splendido “Chinatown” di Roman Polansky. Nel film il tema del voluto spreco idrico è alla base di interessi mafiosi nella Los Angeles di quasi un secolo fa. L’America ci precede e guida.

Nella città di Catania le acque del depuratore, previste per il riutilizzo, vengono disperse in mare. Ma ciò che è peggio è che la raccolta di acque piovane fa la stessa incredibile fine. Un progetto di epoca andreottiana (anni’70) prevede la raccolta di acque piovane, provenienti dalla piovosissima area dell’Etna Sud, per immetterle nell’area Sic del Simeto, Oasi ambientale. Ciò dopo l’inutile attraversamento di aree agricole e industriali. Oltre allo spreco si determina un pericoloso innalzamento delle acque dove si riproducono gli uccelli. C’è una soluzione alternativa che determinerebbe il recupero delle acque, con una possibilità notevole di integrazione energetica.

Il progetto si compone di due grandi vasche collegate, una di laminazione e l’altra di accumulo, che possono avere la funzione di riserva energetica, mediante la collocazione di una turbina idraulica e una pompa di sollevamento. Collegando la pompa ad impianti eolici e fotovoltaici si potrebbe ovviare al grande problema del costo degli accumulatori, costo economico e ambientale, sia nella realizzazione che nello smaltimento. Si può ovviare all’esigenza accumulando l’energia sotto forma di energia potenziale, pompando l’acqua piovana nella vasca a monte utilizzando l’energia in eccedenza, per poi riprenderla con le turbine, quando serve. Ciò in prossimità di una stazione Enel.

Ma se non cambia la volontà politica, che non vuole risolvere il problema idrico della Sicilia, tutto resterà sulla carta, o finirà in mare. Cento anni fa Mussolini sentenziò: “In Sicilia manca l’acqua”. In compenso c’era già la mafia, che poi, negli anni ’70, si appropriò delle idee di Danilo Dolci, gestendo, oltre l’acqua, anche la realizzazione delle dighe. Soprattutto quelle non collaudate.


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