Un assassinio annunciato. Annunciato dalla stessa vittima, che proprio alla fine della scorsa settimana aveva detto in tv che era pronto un piano di eliminazione fisica degli oppositori della deriva islamista nella quale si vuole far piombare il paese. La Tunisia è piena di depositi di armi, e di criminali addestrati a mettere in atto il piano cdi cui Chokri Belaid ha parlato. Un progetto criminale che il leader del partito islamista più forte e più veementemente accusato da Belai, Ennahda, nega con forza, parlando di orrendo crimine politico. Ma le parole del primo ministro e il precipitoso rientro in patria, dalla Francia, del presidente della Repubblica, non possono nulla davanti all’esplosione della rabbia delle opposizioni. Sono scesi in piazza in migliaia nelle ultime ore, mentre il ministero dell’Interno è assediato. L’assassinio del noto avvocato liberal, fautore di una unificazioni delle opposizioni laiche, intendeva proprio creare il caos? E’ probabile, come è improbabile che il piano, decisivo per i controrivoluzionari, si fermi adesso che le esecuzioni sono cominciate.
La Tunisia è ora sull’orlo di una crisi istituzionale: le opposizioni presenti nell’Assemblea costituente hanno deciso di fare dimettere tutti i loro rappresentanti e non votare così per la nuova Costituzione. E per domani è stato proclamato uno sciopero generale. In molte città la folla inferocita ha assaltato e incendiato le sedi di Ennahda. i manifestanti chiedono a gran voce le dimissioni del governo. In tutto questo spiccano due elementi: la forza e determinazione delle organizzazione laiche e progressiste tunisine, determinate a difendere la loro rivoluzione, e l’assenza, totale, dell’Europa. Forse nostalgica di Ben Ali e già pronta ad accettare un nuovo “uomo forte”.