Giornata della memoria e dell’accoglienza

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“Mobilità umana” o “immigrazione”? Come leggiamo il mondo che cambia.

Venerdì 4 ottobre, la Chiesa di Scientology di Roma, ha ospitato un convengo su migrazioni, accoglienza e integrazione in occasione della Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, indetta ogni 3 ottobre con legge n. 45 del 2016 quale giornata nazionale in Italia, per commemorare le 398 vittime, migranti, a seguito di un naufragio nel Mediterraneo accaduto nel 2013.

Nel corso dei lavori è giunto palese che, innanzitutto, ci si deve sempre interrogare sul perché una persona decide di lasciare il proprio luogo d’origine.

Le risposte sono molteplici, e le risposte più esatte saranno chiave per capire come affrontare l’accoglienza e l’integrazione nel migliore dei modi.

Tra i vari elementi considerati degno di nota è che le migrazioni appaiono manifestarsi come un fenomeno strutturale più che emergenziale, e quel cambiamento culturale che educa le generazioni ai diritti umani e al rispetto della dignità della persona andrebbe posto alla base di tutte le politiche e regolamenti che riguardano anche questo campo del vivere sociale.

Il convegno ha ricevuto le partnership di: Mediatori Mediterranei, Comunità La Collina, Associazione Diritti Umani e Tolleranza, Associazione Arte e Cultura per i Diritti Umani, Centro Studi IDOS – Dossier Immigrazione Statistico, e del Centro Studi/Rivista Confronti come mediapartner.

In particolare, IDOS ha concesso la possibilità di scaricare gratuitamente, per la durata del convegno, il Dossier Immigrazione dell’anno 2023 dal sito www.dossierimmigrazione.it

La Chiesa di Scientology di Roma, con un breve filmato nei saluti di apertura di benvenuto, ha illustrato come l’uguaglianza fondamentale dei diritti di tutte le persone, il sentimento di rispetto verso la dignità umana e la facoltà di esprime liberamente il proprio pensiero o culto religioso siano dei capisaldi del Credo di Scientology, redatto a metà dello scorso secolo dal suo fondatore, il filosofo L. Ron Hubbard.

 

Approfondimento

Nutrito è stato il parterre dei relatori. Si inizia con Beatrice Covassi, con esperienza nell’ambito dell’Unione Europea dove è stata parlamentare, per proseguire, prima, con Alessandra Morelli, già dirigente dell’Alto Commissariato per i Rifugiati presso le Nazioni Unite e, dopo, con il  contributo in video di don Mario Farci, Presidente della Facoltà di Teologia della Sardegna.

Questa prima sessione dei lavori è stata moderata efficacemente da Claudio Paravati, Direttore del Centro Studi/Rivista Confronti, che ha desiderato puntualizzare come il naufragio del 2013, sebbene seguito da altri episodi simili anche peggiori, ha costituito un punto di inizio verso una presa di coscienza umanitaria per affrontare la gestione dei flussi migratori.

Beatrice Covassi, da parte sua,  ha indicato tre punti principali per affrontare la gestione del fenomeno: la promozione delle migrazioni regolari, la riforma del diritto di cittadinanza e, per finire, il dialogo interreligioso e interculturale per generare quel cambiamento radicale verso una maggiore umanizzazione nei rapporti con e fra le genti di diverse tradizioni e costumi.

Alessandra Morelli, in primis, ha voluto sottolineare la necessità di una migliore “narrazione” dei fenomeni migratori, chiedendo piu’ umanità nella politica – verso una politica della cura e dei volti, con la proposta di una Agenzia che operi all’interno della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in raccordo con i ministeri dell’Interno, degli Esteri, della Salute e del Lavoro.

Mentre, don Mario Farci ha ricordato l’importanza della memoria e della capacità di ricordare. Ha ricordato che il Dio della Bibbia ha viaggiato con il suo popolo e viceversa il suo popolo con Dio.

Quindi, questa cosa ci dice che le migrazioni appaiono come un fenomeno strutturale dell’umanità, e, allo stesso tempo, rivelano quale sia la vera natura dell’umanità. Ha concluso che l’accoglienza ci rivela la nostra indole fondamentale e quello che Dio rappresenta per ogni persona.

Il secondo panel si è aperto con la relazione di Luca Di Sciullo, Presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS, che ha tracciato le tappe storiche che hanno portato alla “percezione” del fenomeno migratorio come “emergenza sociale”.

Fornendo le statistiche delle emigrazioni italiane nel corso dell’ultimo secolo, raffrontando i numeri con le attuali percentuali delle immigrazioni in Italia, emerge un quadro statistico interessante che porta a comprendere una connotazione ingannevole che si attribuisce al carattere “emergenziale” del fenomeno. Ha tenuto ad evidenziare che gli stranieri sono una risorsa che produce circa il 9% del Prodotto Interno Lordo italiano; tuttavia, con le attuali leggi, si ritrovano irregolari dopo un periodo relativamente breve di soggiorno.

Si e’ poi proseguiti con Carlo Pilia, Presidente di Mediatori Mediterranei, che ha esposto la mancanza di corsi universitari per mediatori culturali. Ha riferito come altre nazioni dell’Unione Europea hanno criticato il modello italiano di mediazione interculturale e integrazione. Ha riportato, a riguardo, un anedotto: quando di fronte alla Facoltà di Giurisprudenza, a Cagliari, hanno aperto un centro Caritas, lui e alcuni suoi colleghi professori proposero di inviare gli studenti in mediazione a farvi un praticantato, avendo un’occasione preziosa per applicare in concreto quello che studiavano nelle aule dei corsi; altri colleghi esteri, invece,  criticarono questa proposta e in coincidenza furono redatte delle lettere che chiedevano di spostare il centro Caritas. Ha concluso che i problemi di accoglienza e integrazione dovrebbero esser risolti dagli italiani, per quanto concerne il nostro Paese, e non dovremmo aspettarci che siano altre nazioni europee o altri enti a suggerire metodi per affrontare la mobilità umana nell’area del Mediterraneo.

Il secondo panel di relatori si è concluso con Martin Nkafu, Professore di Filosofia Africana all’Università Lateranense e Presidente della Nkemnkia International Foundation. Nkafu ha proposto di sostituire il termine “migrazione” con il concetto di “mobilità umana” e di lavorare, sin dalle scuole, all’educazione dei giovani ad essere “cittadini della Terra”, aiutando quel cambiamento culturale desiderabile in un mondo che è in costante evoluzione. Per Nkafu solo assumendo questa visione di responsabilità globale si può risolvere il problema, dato che è nella natura umana spostarsi, per le ragioni più varie.

La sessione sulle testimonianze, l’ultima del convengo, è stata moderata da Don Ettore Cannavera, sacerdote, fondatore e direttore della Comunità La Collina, che non pensa al Vangelo come dottrina astratta, ma come pratica da esercitare ogni giorno nella vicinanza agli emarginati. Egli non ha mai creduto che il carcere sia la risposta da offrire ai giovani che hanno violato la legge. Si occupa di recupero di persone, attraverso il lavoro e la condivisione, in un percorso mirato alla conquista di maggiore consapevolezza di sé e capacità di stare con gli altri, che ne valorizzi la dignità umana e li responsabilizzi ad un ruolo attivo e contributivo verso la comunità di appartenenza.

È stata, quindi, la volta del teologo e imam Salameh Ashour, che ha denunciato le violenze della guerra e la falsa narrazione del sentimento conflittuale tra ebrei e palestinesi. Ha ricordato aneddoti storici di quando, in Egitto e in Siria, durante la Seconda guerra mondiale, le autorità islamiche si  prodigarono per salvare gli ebrei dai tentativi dei nazisti di cercare la collaborazione delle autorità locali nell’individuarli per poi deportarli nei campi di concentramento. Egli ha messo in rilievo che l’essere umano, se si imbatte in un altro individuo che è in difficoltà, o anche in un animale sofferente, si prodiga ad aiutarlo senza prima chiedere o preoccuparsi di che razza o appartenenza sia; quindi, ha concluso che la naturale bontà dell’essere umano è in antitesi alla violenza e alla guerra, che è invece il risultato di gruppi dagli interessi particolari che desiderano dominare, schiavizzare e arricchirsi anche al costo di vite umane.

Ha poi avuto la parola la psicologa Lilia Adriane Azevedo, esperta di immigrazione e diritti umani, che ha riferito la sua esperienza di aiuto ai migranti attraverso il progetto Casa Helena, un centro studi e assistenza al lavoro, famiglia e immigrati di cui è ideatrice e direttrice. Ha accennato al metodo che lei adotta che è principalmente incentrato su aiutare una persona ad apprendere la lingua italiana e a sviluppare il senso della progettualità elaborando un progetto di vita nel suo nuovo luogo.  Nell’esperienza della dott.ssa Azevedo, questo risultato ridona vitalità all’individuo; si tratta di una riscoperta di dignità che aiuta l’individuo a trovare e sviluppare un lavoro, ad avere un ruolo nella comunità e, quindi, ad integrarsi.

Si è poi proseguiti con il poeta e scrittore Felix Adado, che ha riferito la sua personale esperienza di violenze familiari per le quali si era rifugiato in Italia dove, all’inizio, non fu accettato dalla polizia ignara della sua situazione familiare.

A seguire, Daniel Sigua, giornalista e corrispondente internazionale, fondatore di TCG News, la prima agenzia di stampa latino-americana in Italia ed Europa, dopo aver testimoniato di esser stato ben accolto in Italia, a Milano, ha riferito, a suo parere, dell’innata bontà dell’essere umano che, nel vivere il quotidiano, può accidentalmente compiere il male. Tuttavia, ha continuato Sigua, con la buona comunicazione si può fare emergere la bontà dell’essere umano e realizzare una buona accoglienza, che non è e non deve essere soltanto quella verso gli stranieri.

Nel successivo intervento, Hassan Batal, invece, ha lasciato che parlasse un video degli sbarchi per fornire il reale scenario che lui si trova a fronteggiare nel suo ruolo di mediatore culturale.

La sessione sulle testimonianze è volta al termine con Doreid Mohamad, (Presidente dell’Associazione Sardegna-Libano – Un ponte per il Mediterraneo e Presidente della Sezione Europa per la Unione Libanese Culturale nel Mondo-WLCU ) che ha fornito un quadro demografico del Libano, dove al fianco di 4 milioni di libanesi, vivono circa 3 milioni di stranieri, in una rapporto di quasi uno ad uno. Mohamad ha quindi descritto le attività della sua Associazione che si prodiga nel far conoscere le diverse culture ai giovani libanesi o dell’area del Mediterraneo. Qualora dovessero migrare per i motivi di guerra o di interessi che creano instabilità politica, riferisce Mohamad, secondo un paradigma poco noto ma simile a quanto accade in Israele, questi giovani avrebbero la potenzialità di  essere accolti.

Nel finire della giornata, si sono visti i contributi anche dall’avv. Susanna Angela Tosi, fondatrice di Avvocati Cittadinanza, che si occupa di aiutare gli extracomunitari ad ottenere la cittadinanza italiana, se in loro diritto, e dalla presidente di Casa Africa, Gemma Vecchio, che ha espresso con poche parole lo spirito che anima le sue attività di volontariato che si rivolgono agli immigrati in difficoltà e bisognosi di vitto, alloggio e lavoro: rivelando così, ancora una volta, che il miglior vestito che un essere umano possa indossare è la dignità.

A chiusura dell’ evento è stato proiettato un video realizzato sull’articolo 1 della Dichiarazione Universale delle Nazioni Unite che sancisce l’uguale dignità e diritti per ogni persona.

Trattasi di uno dei 30 video che rappresentano – in parte – i materiali didattici di Gioventù Internazionale per i Diritti Umani, movimento sostenuto dalla Chiesa di Scientology stessa e da molti altri enti religiosi e della società civile.


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