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Conoscere per deliberare: perché internet e i social sono utili anche ai bambini

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Cara sinistra, attenzione: tutto ti si può perdonare ma non la tendenza illiberale che stai assumendo, non solo in Italia. Occhio a questa smania regolatoria, a questa deriva da Stato etico, a questo voler mettere sotto tutela la cittadinanza, come se fosse complessivamente incapace di difendersi da sola. Occhio, perché questa degenerazione genera, per comprensibile reazione, i Trump, gli Orbán e tutti gli altri “mostri” che sostieni, a ragione, di voler combattere.

Che i social network debbano essere regolamentati, sul piano fiscale e anche di ciò che è lecito pubblicare e di ciò che non lo è, come avviene per qualunque altro organo d’informazione, siamo tutti d’accordo. Ma io preferisco e preferirò sempre vivere in una società nella quale sia garantita la libertà d’espressione anche al più imbecille degli imbecilli piuttosto che in un contesto in cui qualcuno, un giorno, possa pensare di impedirmi di esprimere le mie idee. Non sarà questo l’intento, voglio ben sperare, ma queste, con i tempi che corrono, rischiano di essere le conseguenze.

Lo stesso discorso vale per i minori. Che alle elementari e alle medie sia bene insegnare a scrivere a mano per favorire lo sviluppo neuronale, la crescita e l’articolazione del pensiero è sacrosanto. Che al liceo si debba scrivere ancora a penna, invece, è una follia. Che bambine e bambini vadano protetti dai rischi che il mondo del web, e in particolare i social, presentano è acclarato. Che vada impedito loro di possedere uno smartphone o di aprire un profilo social, al contrario, è un’aberrazione. Occhio, ribadisco: stiamo creando, forse involontariamente, una società terribile. Voler difendere l’infanzia e il suo diritto al gioco, alla spensieratezza e alla condivisione è la base della convivenza civile. Volerla tenere al riparo da tutti i pericoli e gli orrori del mondo, all’opposto, risponde alla logica dei no vax. Chi sono i no vax, a pensarci bene? Sono persone che hanno paura, dunque preferiscono negare l’esistenza della malattia anziché affrontarla con un’elementare dose di vaccino. E cos’è il vaccino? È l’iniezione, all’interno del nostro corpo, di una percentuale minima del male per favorire lo svilupparsi di anticorpi. Ebbene, alla nostra società mancano ormai gli anticorpi. Se stanno dilagando razzismo, xenofobia, violenza, odio, misoginia e altri fenomeni esecrabili è perché siamo sempre più soli, sempre più in guerra con noi stessi, sempre più fragili ma anche perché, purtroppo, dilaga l’ignoranza. Conoscere per deliberare, del resto, è uno dei principî cardine dell’Occidente democratico, mai come ora in crisi e incapace di ritrovare la strada della crescita e del benessere collettivo. Una crescita e un benessere che passano anche dai nuovi strumenti di comunicazione. Non sarà, infatti, proibendo a un bambino di dieci anni di frequentare Facebook o Instagram che lo si terrà al riparo dal dilagare dell’odio. L’odio non nasce sui social, al massimo essi lo amplificano e lo diffondono, ma non lo generano i bambini, semmai lo subiscono. E anche la violenza nasce altrove, ad esempio dalle guerre, dalla furia, dalla follia diffusa a tutti i livelli, a cominciare da alcune cancellerie internazionali, di cui le nuove tecnologie possono essere delle casse di risonanza ma non certo dei generatori.

Cara sinistra, cari intellettuali, cari esperti, occhio a non farvi ridere dietro e, quel che è peggio, a non provocare una risposta che potrebbe essere, come detto, ancora più drammatica del disastro nel quale già versiamo. Il proibizionismo non ha mai dato buoni frutti. Ci si occupi, piuttosto, di come insegnare al meglio l’uso delle nuove tecnologie fin dalla più tenera infanzia. Ci si occupi di come far conoscere la realtà contemporanea, per lo più straziante, attraverso un linguaggio adatto anche a menti non ancora formate e, pertanto, bisognose di attenzione e cura. Si contrastino i linguaggi d’odio a tutti i livelli, a cominciare dai giornali, dalle televisioni e dalle aule istituzionali e si affronti seriamente il tema del cyberbullismo nelle aule scolastiche. Si dotino, inoltre, le scuole di attrezzature adeguate, affinché le piattaforme, YouTube e altre splendide diavolerie oggi in nostro possesso possano trasformarsi in straordinari strumenti di parità d’accesso alla conoscenza invece che nei luoghi di esibizione prediletti da ciarlatani che sfruttano il vuoto complessivo nel quale è immersa la contemporaneità.

E si usino a scopo didattico anche i videogiochi, come già fanno alcuni professori illuminati, coscienti del fatto che non torneremo mai alla società pre-digitale e che ostinarsi a vivere in un contesto analogico nell’era dell’intelligenza artificiale priva di credibilità chi si fa promotore di un simile regresso,

Cara sinistra, tu non hai alcun senso, come non hanno alcun senso la letteratura, il cinema e la psicologia, se non guardano alle sfide del presente e del futuro. Non hai senso se continui a instillare timore e a proporre chiusure e arroccamenti. E non ha senso nemmeno l’esempio dell’automobile, perché nessuno metterebbe al volante un bambino di dieci anni ma ogni bambino è salito in macchina con i genitori o con qualche parente o amico di famiglia e familiarizzare con il mezzo è utilissimo per utilizzarlo poi come si deve al momento opportuno.

In conclusione, scusate, ma sono da sempre contrario pure al divieto di far vedere questo o quel film prima di una certa età. Innanzitutto, perché ciascuno di noi ha la propria testa e il proprio livello di maturità e non può essere lo Stato a decidere per tutti. In secondo luogo, perché nella stagione di Sky, Netflix e Amazon questi divieti sono insulsi, a meno che per farli rispettare non si decida di controllare la gente fin dentro le mura di casa. Infine, perché anch’io eviterei che un eventuale figlio vedesse determinate pellicole prima dell’età in cui possa recepirne il messaggio senza rimanerne scioccato o subirne addirittura dei danni ma eviterei ancora più accuratamente di farlo vivere nella bambagia. Il male esiste, l’orrore esiste, il mondo non è un cartone animato, siamo tormentati da guerre, carestie e barbarie d’ogni sorta e, con le dovute maniere, anche un bambino deve prenderne coscienza, proprio per poter compiere la scelta, autonoma e decisiva, di abbracciare il bene (concetto di per sé scivoloso, ma lo utilizziamo qui per semplificare) e rifiutare l’abisso.

Conoscere per deliberare, per l’appunto, per essere cittadini e non sudditi. Con meno di questo, non rimane che l’autoritarismo, quel processo, apparentemente inesorabile, di scivolamento verso una società del controllo e della sopraffazione che sembriamo non essere più in grado, nemmeno fra coloro che dovrebbero essere guide e punti di riferimento per la comunità nel suo insieme, non solo di contrastare ma, più che mai, di rifiutare come concetto. Io sono un liberale, nel senso mazziniano del termine, e tutto questo non lo posso accettare.


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