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Sant’Anna di Stazzema è memoria e futuro

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Alcuni anni fa l’allora direttore del Tirreno Stefano Tamburini iniziò il suo editoriale sulla ricorrenza della strage con la frase ”Almeno una volta nella vita bisognerebbe andarci a Sant’Anna di Stazzema…” perché è proprio così, perché i luoghi come Sant’Anna hanno dentro qualcosa di particolare, qualcosa che ti avvince. Quando si va a Sant’Anna si torna diversi: sarà quella strada di montagna, dove ad un certo punto si perde anche il segnale del telefono e si resta da soli con i luoghi, con gli spazi, con sassi che ti parlano, alberi che raccontano, ogni cosa ricorda quella strage, ma oggi parla anche di vita. Tutto a Sant’Anna è più difficile, la strada tortuosa in cui ad un certo punto il paese spunta lontano nelle sue borgate più basse, Coletti e i Merli, quindi l’Ossario che domina dal 1948 la piana della Versilia da una parte e dall’altra i gruppi di case che hanno ciascuno un nome. Poi si perde la comunicazione e ci si perde in Sant’Anna, la chiesa, il Museo storico, il negozio di alimentari Gamba che è un presidio del paese, gestito da una famiglia di superstiti della strage, dove si trova il pane fatto in casa e la focaccia. Poi si fa i conti con la Storia, la pesantezza della stessa che oggi è declinata nel senso della vita, della speranza, del futuro. Dieci anni fa Sant’Anna non era nei libri di storia, non era nei radar dei luoghi della memora, qualcuno artificiosamente tirava fuori la frottola della colpa dei partigiani. Dal 2000 Sant’Anna di Stazzema è l’unico Parco Nazionale della pace d’Italia e d’Europa con omologhi solo nei luoghi dell’olocausto nucleare di Hiroshima e Nagasaki nel mondo. Da qualche mese è stato riconosciuto a Sant’Anna dalla Commissione Europea il Marchio del patrimonio europeo che contraddistingue i luoghi che hanno contribuito alla definizione dell’identità europea. Un lavoro duro che ha portato a riconoscimenti come quello che a sorpresa è stato concesso da Articolo 21 alcuni anni fa come spazio di democrazia e di libertà. Oggi si possono fare concerti sulla piazza della chiesa perché non c’è miglior modo di onorare le vittime che vivere anche per loro, parafrasando una frase di Don Ciotti, con rispetto verso loro e verso i luoghi. Qualcosa è cambiato a Sant’Anna in uno spazio che è sempre lo stesso con gli stessi platani a dominare la piazza della Chiesa, l’Ossario che veglia dall’alto, la vecchia scuola elementare trasformata in Museo Storico della Resistenza nel 1991 che assume alla fine la medesima funzione, solo che oggi i ragazzi educati si contano nell’ordine delle decine di migliaia. Sant’Anna di Stazzema è memoria e futuro, un passato pesante e una eredità da trasmettere alle future generazioni perché non ci siano altre Sant’Anne, come diceva un superstite recentemente deceduto. Sono passati 80 anni, cifra tonda: l’importante è esserci stati in questi anni e esserci nei prossimi anni, senza più far cadere il buio su una storia così attuale, basta guardare al massacro di civili in Ucraina o nella Striscia di Gaza, ancora i civili come strumenti di guerra, come ottanta anni fa, ancora con vane scuse. Verrebbe da dire che la storia non insegna nulla e si ripete: non insegna a chi non vuole ascoltare e non si ripete nello stesso modo. Per questo è bello il progetto iniziato per l’80° da parte del Parco Nazionale della pace di Sant’Anna di Stazzema e Associazione Martiri di recupero dei volti delle vittime, che saranno poi parte di un progetto di realtà immersiva per collocare le vittime ciascuna nel luogo in cui è stata uccisa. Le sfide della memoria sono aumentate con la generazione dei testimoni che si va via perdendo e che ci chiede di non dimenticare. Noi saremo qua, testimoni dei testimoni, come lavoratori, giornalisti e come cittadini, perché il vento cattivo delle guerre possa prima o poi posarsi.

(Michele Morabito è Direttore del Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna di Stazzema
Giornalista Pubblicista
Vice presidente Gruppo Stampa Versilia)


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