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Strage Bologna. La Meloni fa quello che le riesce meglio: la vittima

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2 agosto, Bologna. Come ogni anno,  alle 10.25, anche stamattina i tre suoni di sirena hanno lacerato il silenzio commosso della tantissima gente in Piazza della Stazione. Ricordano quel boato  di quarantaquattro anni fa. Quando la bomba scoppiò, quando morirono 85 persone, quando ne vennero ferite duecento. La stele affissa lì, sulla parete fuori della stazione, ricorda quelle persone, quelle vite spezzate. I loro nomi. Ogni volta che vado a Bologna in treno mi fermo davanti alla stele. E li leggo, quei nomi. Fino ad arrivare a quello di Sergio. Aveva 24 anni, Sergio Secci, quando la sua vita e i suoi sogni finirono. Aspettava un treno: laureato al DAMS sarebbe dovuto andare a Verona per un colloquio di lavoro. Eravamo amici. Lui ternano, io di Città di Castello, ci eravamo conosciuti negli ultimi anni di scuole superiori, in un viaggio di studio, per studenti. Da allora, amicizia, vacanze insieme. Eravamo tutti e due di sinistra. Io, della FGCI, lui più “irregolare”, pur venendo da una famiglia comunista (suo zio era stato sindaco di Terni e senatore del PCI). Amava la musica, la cultura, aveva la testa aperta al mondo, al mondo che cambiava.
Dopo la sua morte, il padre Torquato, sostenuto dalla mamma Lidia, guidò per anni l’Associazione familiari delle vittime, lungo la difficile strada della ricerca della giustizia e della verità. Da anni Paolo Bolognesi ha raccolto il testimone di questo impegno di Torquato. Lo ha fatto nella scorsa legislatura anche da deputato PD. A lui è legata la legge contro i depistaggi, della quale ho avuto l’onore di essere relatore alla Camera. Paolo lo ha ribadito in Piazza della stazione anche quest’anno. Ormai mancano solo mandanti e i complici. Le condanne di Cavallini, Bellini, Ciavardini, Mambro e Fioravanti confermano quello che la cronaca, la storia già avevano attestato: quella di Bologna fu una strage fascista, una strage nera. Che si inseriva negli anni dello stragismo eversivo, che tra le menti aveva anche quella pericolosissima di Licio Gelli e della P2. Uno stragismo che si proponeva, da Piazza Fontana in poi, di sovvertire il corso della democrazia italiana, di incutere paura per favorire soluzioni autoritarie. Per colpire la Costituzione e la convivenza civile. Il messaggio del Presidente Mattarella, ancora una volta, ha ribadito questa verità. Così come gli interventi del sindaco Lepore e dello stesso Paolo Bolognesi. Ora occorre compiere altri passi. Arrivare a mandanti, complici, depistatori di quella strage neofascista. Questo ci si aspetta dal Governo. Da qualsiasi Governo, da questo in particolare. Perché questo governo, alcuni suoi esponenti a partire da Giorgia Meloni hanno il dovere di dire parole chiare e compiere gesti ancora più chiari. Oggi la Meloni è arrivata a dire ” terrorismo neofascista “, ma ha dovuto e voluto in qualche modo attenuare l’espressione richiamando le sentenze che confermano questo. Come se la storia d’Italia, la storia dello stragismo nero non fosse già politicamente chiara. Sarebbe come attenuare e negare le responsabilità del terrorismo delle Brigate Rosse o di Prima Linea negli attentati e negli omicidi di Guido Rossa, Aldo Moro, Walter Tobagi, Carlo Casalegno……Legga cosa dissero e fecero in quegli anni, Berlinguer e Pertini, Luciano Lama per condannare, isolare, sradicare il terrorismo rosso.

Ma legga anche le parole di oggi del Ministro Piantedosi, che vanno in una direzione responsabile e istituzionale.
No, lei ha il freno a mano tirato su questo. Non solo per i troppi busti del Duce, per le nostalgie di troppi giovani del suo partito, per le sacche di antisemitismo. No, la difficoltà sua e di molti della sua generazione è anche quella di fare davvero i conti con gli anni Settanta, con lo stragismo. In Ordine Nuovo, in Terza Posizione, per dire, militavano o simpatizzavano figure che o direttamente o indirettamente con i loro figli fanno parte della classe “dirigente” di questa destra. Persone che stanno al Governo hanno avuto legami familiari con quelle storie eversive. A maggior ragione si deve dire che oggi la Presidente del Consiglio dei Ministri ha sbagliato ad attaccare Paolo Bolognesi, per alcune sue espressione molto dirette e nette contro il neofascismo e le ambiguità della destra al governo. E ha fatto, la Meloni, quello che le riesce meglio: la vittima. Ma anche per questo ha sbagliato, perché in questo giorno più che mai, le uniche vittime sono quelle 85 persone che hanno perso la vita alla stazione di Bologna.

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