Quello del produttore cinematografico criminale Daniele Muscariello è un caso isolato, ma servono maggiore trasparenza e migliori controlli nella gestione dei 700 milioni del Fondo Cinema e Audiovisivi.
La notizia di RaiNews è arrivata il 9 luglio scorso come un fulmine a ciel sereno: il sito web del canale “all news” di Viale Mazzini (in quei giorni particolarmente nella bufera perché il Direttore Paolo Petrecca è stato accusato di non aver dedicato adeguata attenzione all’esito delle elezioni francesi) ha pubblicato una notizia allarmante, sparando un titolo inquietante “Le mani della ‘ndrangheta a Cinecittà”, così rilanciando un servizio trasmesso dalla testata regionale della Calabria (Tgr) della tv pubblica (nell’edizione del Tg3 delle ore 14).
Riportiamo la notizia nella sua interezza: “Le mani della ‘ndrangheta su Cinecittà. Svelati intrecci tra i clan calabresi e la mala della Capitale. Stando alle indagini, gli studi cinematografici romani erano stati trasformati in “lavatrici” per ripulire e reinvestire il denaro sporco della droga. Anche lì si erano infiltrati i Mancuso di Limbadi e Mazzaferro di Gioiosa Jonica, negli studi cinematografici della Capitale trasformati in “lavatrici” per ripulire e reinvestire il denaro sporco della droga. 18 le persone finite in manette in un ´indagine della Direzione Investigativa Antimafia che ha svelato l’esistenza a Roma di una potente alleanza criminale. Le cosche calabresi sedute allo stesso tavolo, partner d´affari, con i clan di camorra Mazzarella‐D’Amico e persino con esponenti storici della malavita romana come la famiglia Senese e alcuni vecchi membri della banda della Magliana. Nomi pesanti uniti insieme dagli stessi interessi: fare soldi. E non solo con piccole produzioni artistiche che però dichiaravano al fisco italiano spese da kolossal hollywoodiano. Ai boss interessavano pure imprese edili, concessionari d’auto e pompe di benzina: aziende sane di cui prendevano il controllo per poi svuotarle, intestarle a qualche prestanome, farle indebitare con migliaia di fatture false o direttamente fallire. Tre le società messe sotto sigillo dagli uomini della Dia per un sequestro da oltre 130 milioni di euro. Solo una parte dell’enorme business che la ‘ndrangheta gestiva nei palazzi della Capitale”.
Nella sera dello stesso martedì 9 luglio, veniva diramata una pronta replica della Presidente di Cinecittà Chiara Sbarigia, che smentiva e prospettava azioni legali a tutela della onorabilità e dell’immagine degli “studios” (notizia rilanciata dall’Ansa alle 19.14): “in merito alle notizie andate in onda nell’edizione odierna del Tgr Calabria e riprese dal sito RaiNews dal titolo ‘Le mani della ‘ndrangheta su Cinecittà’ si rileva che Cinecittà Spa non è in alcun modo coinvolta nell’indagine, né risulta avere alcun rapporto con i soggetti che i servizi indicano come indagati. Peraltro i fatti riportati riguardano un periodo antecedente l’attuale Governance. Cinecittà spa si riserva pertanto tutte le azioni legali a tutela della propria reputazione e della propria immagine. Quanto alle infiltrazioni nel settore cinematografico, è un tema già noto al Mic per contrastare il quale il Ministro Sangiuliano e il Sottosegretario Borgonzoni stanno riformando l’accesso ai contributi pubblici”.
La notizia non ha registrato una rassegna stampa e web particolarmente significativa, anche a causa di un perverso meccanismo di autocensura (soprattutto dai giornalisti specializzati e dalle testate di settore): c’è chi teme che queste notizie possano determinare una contrazione dei finanziamenti pubblici al cinema e all’audiovisivo…
Rai News ha addirittura presto provveduto a “cassare” dal servizio video (un taglio netto) il riferimento a Cinecittà, evidentemente a seguito della precisazione della Presidente Chiara Sbarigia.
Ma la rimozione ed il disinteresse dei media non fanno certo dimenticare l’accaduto, per quanto la notizia possa essere stata mal interpretata. Interessante comunque l’affermazione di Sbarigia sulle “infiltrazioni nel settore cinematografico”, che sarebbero già note al Ministero, ovvero alla Direzione Cinema e Audiovisivo guidata da Nicola Borrelli.
Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta.
Premessa: riteniamo che casi criminali come questo siano sicuramente l’eccezione alla regola, e non la “regola”, nella gestione di quel “Tax Credit” per tanti anni decantato (dal Ministro “dem” Dario Franceschini, che ne è stato il principale fautore, e dalla senatrice leghista Lucia Borgonzoni, che dell’esponente “dem” è stata Sottosegretaria durante il governo Conte II, dal settembre 2019 al febbraio 2021, e durante il Governo Draghi dal febbraio 2021 all’ottobre 2022), e soltanto da quando è arrivato al governo Giorgia Meloni messo sotto adeguata radiografia dal Ministro Gennaro Sangiuliano.
Come è noto, da oltre un anno, è stata avviata una “riforma” della Legge Franceschini i cui risultati però tardano a venire resi noti: la prima metà dell’anno è trascorsa registrando un sostanziale blocco della produzione cine-audiovisiva, in attesa dei nuovi decreti, e di settimana in settimana viene rimandata la pubblicazione dell’annunciato nuovo regolamento per l’accesso al “Tax Credit” (annunciato più volte come imminente dalla Sottosegretaria Borgonzoni, e comunque “prima dell’estate”, così intendendosi – verosimilmente – agosto).
Secondo fonti IsICult, la settimana giusta potrebbe essere la prossima, tra lunedì 29 luglio e venerdì 2 agosto: in argomento, si rimanda all’articolo pubblicato su “Keybiz” giovedì 25 luglio 2024, “Il ‘caso Antonietta De Lillo’: un film-denuncia contro la burocrazia dello Stato ‘cinematografaro’”.
Nelle more, si registra accresciuta in/sofferenza da parte degli operatori, anzitutto i produttori ma anche registi, tecnici, professionisti tutti del settore.
Il mensile “TiVù” (diretto da Vito Sinopoli, edita da eduesse communication), in un servizio da firmato Anna Rotili (che ha lasciato il mensile “Prima Comunicazione”, di cui è stata una colonna per decenni), intitolava il 9 luglio scorso “Produzione in emergenza”, ovvero “Tax credit, committenti vecchi e nuovi, tira e molla sui budget, confronti e scontri tra cinema e serialità, l’industria italiana nutre più di un timore. Nonostante i grandi sforzi, sembra ancora difficile ragionare e investire su un più lungo periodo”.
In effetti, il blocco dei meccanismi di sostegno pubblico per oltre sei mesi, ha messo a rischio una serie di progettualità, considerando che l’economia del settore richiede una programmazione almeno su base previsionale annua, se non di due anni (dall’idea alla produzione).
E la rivista consorella “Box Office” (diretta da Paolo Sinopoli, edita anch’essa dal gruppo eduesse) intitolava sempre il 9 luglio “Selettivi produzione: tutti i contributi tra ritardi e polemiche”. Scrive Valentina Torlaschi: “Il 10 maggio 2024 è stata pubblicata la graduatoria della terza e ultima sessione annuale dei contributi selettivi alla produzione per il 2023. Lo scorso anno, l’ultima delibera era datata 20 dicembre. Con alcuni mesi di ritardo, dunque, si è concluso il ciclo delle assegnazioni, e ora che il quadro è completo possiamo tirare le somme. Un quadro che, soprattutto in occasione dell’ultima sessione, è stato accompagnato da alcune “zone d’ombra” e polemiche, come quella del Ministro Sangiuliano sul mancato contributo al film sull’agente del Sismi Nicola Callipari “II Nibbio”, o quella tra Claudia Gerini e la casa di produzione World Video Production sulla presunta seconda opera da regista dell’attrice – “Un corso molto particolare”; finanziamento di 150mila euro – per la quale la stessa Cerini ha smentito il proprio coinvolgimento, confermato invece dalla società”.
Le polemiche citate da “Box Office” rappresentano soltanto la punta di un iceberg di malesseri diffusi, che riguardano l’intera “filiera” del settore cine-audiovisivo: “polemiche e ritardi a parte, diamo le coordinate generali delle assegnazioni annuali 2023 di contributi selettivi del Mic destinati alla produzione di opere cinematografiche ai sensi dell’art. 26 della legge 220 del 2016. Nelle tre sessioni, sono stati assegnati complessivamente 40,5 milioni di euro, cifra in crescita rispetto all’annata precedente, quando il totale era stato di 38 milioni”.
Le criticità della Legge Franceschini riguardano sia il “Tax Credit” e i suoi automatismi, sia i sostegni cosiddetti “selettivi”. Quelli relativi al 2024 sono sospesi, anch’essi in attesa del decreto del Ministero
E peraltro – come abbiamo segnalato più volte – nebbia totale sulle nuove Commissioni Esperti previste dalla Legge di Bilancio 2024 (chiamate ad esprimersi sui “selettivi” giustappunto, anche in materia di festival), dato che la precedente commissione ha cessato il proprio lavoro a metà marzo, ma il Ministro Gennaro Sangiuliano nulla ha rivelato rispetto alle proprie intenzioni: procederà con un avviso di invito alle candidature ed a una analisi comparativa dei curricula, o ancora una volta prevarrà la discrezionalità dell’“intuitu personae”?!
In occasione del “Question Time” di mercoledì 24 luglio a Montecitorio, in risposta ad una interrogazione della deputata Valentina Grippo (Azione, Vice Presidente Commissione Cultura, Scienza, Istruzione della Camera dei Deputati), si è limitato a dichiarare: “le commissioni, che esistono da decenni saranno composte da professionalità di comprovata qualità, autonomia e indipendenza”.
Come formate e come organizzate, non è (ancora) dato sapere.
Tornando al caso della sortita del 9 luglio di Rai Calabria rilanciata da RaiNews e corretta alla luce della dichiarazione della Presidente di Cinecittà Chiara Sbarigia, si deve osservare che, ancora una volta, si tratta di “nebbie” nelle quali è arduo avventurarsi, forse anche per la magistratura inquirente, e finanche per la Guardia di Finanza e la polizia giudiziaria.
È un dato di fatto che tutta “la macchina” del credito di imposta per il settore cine-audiovisivo è stata gestita, dal 2017 al 2023, senza adeguati meccanismi di verifica, ed è sfuggita al controllo della stessa Pubblica Amministrazione.
Si è trattato di una vera e propria “manna”, della quale hanno beneficiato sia imprenditori corretti (riteniamo siano la stragrande maggioranza) sia imprenditori malandrini e forse anche criminali (questi ultimi riteniamo siano veramente una piccola minoranza).
Al Mic, deficit di monitoraggio e controllo. Il “sistema informativo” del settore cine-audiovisivo è ancora oggi terribilmente deficitario, e, nelle nebbie, anche il crimine può approfittarne
Ancora oggi, il Ministero della Cultura ovvero la Direzione Cinema e Audiovisivo (la Dgca retta da molti anni da Nicola Borrelli) non dispone di un dataset adeguato a comprendere fino in fondo il “percorso” delle opere cinematografiche e audiovisive sostenute dallo Stato: incassi in sala cinematografica, trasmissione da parte di emittenti televisive e piattaforme e relativo andamento di audience e fruitori…
Soltanto della prima forma di sfruttamento commerciale, il “box office”, è possibile acquisire dati certi (grazie a Cinetel, e – volendo – alla Siae), mentre del resto… nebbie.
Altresì dicasi per i dati sulla circuitazione dei titoli nei festival cinematografici e audiovisivi, sia in Italia che all’estero… Nebbie.
Altresì dicasi per la distribuzione dei titoli all’estero (anche qui: nei cinematografi, nelle emittenti, sulle piattaforme…).
Il “sistema informativo” del settore cine-audiovisivo è ancora oggi terribilmente deficitario ed a poco (anzi a nulla) è servita la semi-clandestina (e sconosciuta alla totalità degli operatori) “valutazione di impatto” che pure è (sarebbe) prevista dalla stessa “Legge Franceschini” (un report all’acqua di rose, affidato per sei anni consecutivi all’Università Cattolica ed a Ptsclas, come abbiamo segnalato tante volte). Nebbie, ancora nebbie.
Tornando al caso che ha determinato il 9 luglio una notevole quantità di arresti (l’indomani 10 luglio 2024 “Il Corriere della Sera” titolava “La mafia, dalla Balduina a Fregene”, mentre “Avvenire” scriveva “A Roma smantellata la ‘lavatrice’ delle cosche”), va segnalato che si tratta di sviluppi di indagini che si protraggono da molto tempo, e che già nell’autunno dell’anno scorso avevano scoperchiato vicende criminali…
Soltanto poche settimane fa le indagini erano state rilanciate dalla trasmissione di “100 minuti”, nella puntata intitolata “Roma Città Aperta”, andata in onda su La7 il 17 giugno 2024 (clicca qui, per rivederla), curata da Corrado Formigli e Alberto Nerazzin, che ricostruiva tutta la vicenda – con grande piglio di serio giornalismo investigativo – e proponeva anche una lettura d’insieme del Procuratore Capo di Napoli Nicola Gratteri…
Il produttore criminale Davide Muscariello: “un film può costare 200mila ma può costare pure 50 milioni di euro… il cinema è il nostro strumento” (per il riciclaggio)
Intitolava il 13 settembre 2023 l’edizione romana del “Corriere della Sera” a chiare lettere: “Riciclaggio di soldi della camorra nel cinema, il produttore Daniele Muscariello condannato a 9 anni. Diceva: «Ho relazioni importanti»”.
L’accusa: riciclaggio con l’aggravante di agevolazioni mafiose. Il pm aveva chiesto un anno in più. “Abbiamo relazioni importanti, sono 4 volte che mi arrestano ma poi torno a casa”, dichiarava simpaticamente Daniele Muscariello, produttore cinematografico.
Allora, il Tribunale di Roma ha condannato a 9 anni di carcere Muscariello, già arrestato nel marzo 2022 con altre 8 persone con l’accusa di riciclaggio con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, nell’ambito dell’inchiesta della Dda della Procura di Roma, coordinata dagli aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò.
Il Pubblico Ministero Francesco Cascini (un magistrato appassionato, in prima linea, tra l’altro già alla guida del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità del Ministero della Giustizia ed autore del libro “Storia di un giudice. Nel far west della ‘ndrangheta”, edito da Einaudi nel 2010) aveva chiesto per Muscariello una condanna a 10 anni.
I giudici hanno condannato altre 5 persone con pene comprese tra gli 8 e i 6 anni. Il 18 marzo 2022, lo stesso “Corriere della Sera” intitolava “Falsi film finanziati dalla camorra e il rapimento (fallito) dell’imprenditore che ha ricostruito L’Aquila”.
Premesso che cura la rubrica IsICult per “Key4biz” (intitolata “ilprincipenudo”) e qui collabora con “Articolo21” si annovera tra le file dei garantisti, qui non interessa comprendere quanto il “Tax Credit” sia stato utilizzato come “lavatrice” di danari sporchi, ma una frase emersa dalle intercettazioni colpisce riteniamo debba stimolare una riflessione che va oltre la specifica vicenda: Muscariello proponeva di riciclare i soldi della camorra nel cinema, “perché un film può costare 200mila ma può costare pure 50 milioni di euro”.
Così il produttore allegramente spiegava ai complici vicini alla camorra come riciclare denaro sporco facendolo passare per società impegnate a girare un lungometraggio cinematografico.
Dalle intercettazioni della banda criminale, un’altra chicca: “il cinema è il nostro strumento”
Sosteneva Daniele Muscariello, produttore della Henea Productions (che aveva realizzato tra gli altri il film del 2021 “All’alba perderò”): “abbiamo relazioni importanti, sono 4 volte che mi arrestano, ma poi torno a casa…”.
Si segnala che il film “All’alba perderò” di Andrea Muzzi ha incassato in sala 994 euro, registrando 127 spettatori, a fronte di crediti d’imposta dal Mic per complessivi 480mila euro, a favore della Henea Productions srl e della Union Film srl. Muscariello ha prodotto anche “Cobra non è”, di Mauro Russo (noto regista di videoclip musicali), con la Giallo Limone Movie, co-produzione RaiCinema, mai uscito in sala. La Giallo Limone ha prodotto anche altri film che hanno beneficiato di piccoli sostegni di “tax credit” (per la produzione): “Nessun bene nessun male” (regia Lucio Gaudino), che ha beneficiato nel 2021 di 75mila euro; “Separati” 194mila euro (regia Alessandro Capone); nel 2023, “C’è di nuovo la valigia sul letto” 108mila euro (regia Eduardo Tartaglia), e “Staremo tutti benissimo” 286mila euro (regia di Renato Giordano)… Nessuno di questi 4 titoli è mai uscito nei cinematografi (non risulta “intercettato” da Cinetel) fatta salva l’eccezione del film di Tartaglia, che ha incassato poco meno di 30mila euro (a fronte di 6.189 biglietti venduti). E ciò basti…
Come scriveva il 10 luglio 2024 sul “Corriere” Rinaldo Frignani: “musica e cinema rappresentano valide alternative, insieme con il settore delle costruzioni, per far sparire i soldi del traffico di droga, quello da «32mila euro al chilo», farli lievitare e utilizzarli così per lo stesso scopo”…
“Il cinema è il nostro strumento” (sic): spavalderia del produttore (si rimanda a questa sua intervista del 2019, per comprendere la sua… “passione” per il cinema) e sicuramente la Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura è completamente estranea alla vicenda (così come Cinecittà, come ha chiarito la Presidente Chiara Sbarigia)… e Muscariello & Co. si saranno avvalsi di professionisti abili (commercialisti specializzati e consulenti finanziari) nei “castelli di carte” che sono stati costruiti anche grazie alla limitata vigilanza sulla gestione dei danari pubblici.
Questa vicenda rappresenta sicuramente il caso di una mela marcia in un cestone di mele gustose e ben coltivate, ma è sintomatica dell’esigenza di garantire maggiore trasparenza e migliori controlli nella gestione dei 700 milioni di euro l’anno del Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo.
Castelli di carte dietro la macchina del Tax Credit? Igor Righetti: “sempre i soliti noti a prendere una valanga di soldi… chi non esce in sala, restituisca i soldi pubblici”
Al di là del “caso Muscariello” specificamente criminale, che ci sia diffusa in/sofferenza nel settore è confermato da alcune voci che stanno emergendo: il 4 luglio 2024, la testata giornalistica specializzata “Cinematographe.it” (promossa da appassionati cinefili) ha pubblicato un’intervista al regista Igor Righetti, intitolata “Alberto Sordi Secret: così Igor Righetti smaschera la vergogna del tax credit “chi non esce in sala restituisca i soldi pubblici”, dalla quale si possono assumere ulteriori elementi per comprendere meglio come siano tante e diffuse e pervasive le patologie in essere nel settore.
Igor Righetti (giornalista, conduttore televisivo e radiofonico) spiega che è riuscito a realizzare il suo film (si ricordi che Alberto Sordi è stato suo cugino) senza ricorrere al “Tax Credit”, ma denuncia, nelle parole di Teresa Monaco: “dallo scorso novembre, infatti, quando lo Stato ha deciso di decurtare i fondi di ben 50 milioni di euro (attualmente quelli a disposizione dei richiedenti ammontano a 696 milioni), “i produttori si sono rifiutati di girare, pretendendo i fondi statali per non accollarsi totalmente il rischio di investire sulla cultura. Ora, io sono d’accordo su questo, ma è anche vero che ci sono stati sempre i soliti noti a prendere una valanga di soldi, spesso senza arrivare al cinema. C’è qualcosa che non funziona, quindi la normativa del tax credit va regolamentata! Ci devono essere delle regole ferree, secondo me se il film non esce nelle sale devono restituire il malloppo, perché quelli sono soldi pubblici. Se ti vengono dati dei fondi per supportare la produzione è giusto che, se poi non esci in sala, restituisci tutto ciò che ti è stato dato dallo Stato, invece ciò non avviene: queste sovvenzioni restano a chi le ha richieste nonostante tutto, ed è una vergogna… Questi non sono produttori, ma parassiti”, dice senza peli sulla lingua, “perché si approfittano di cavilli e maglie larghe e di tutta una serie di situazioni…”.
Righetti è impietoso anche rispetto alla campagna ministeriale di promozione “Cinema Revolution”: “Parole d’acciaio anche sull’iniziativa ‘Cinema Revolution’, che, per quanto miri ad agevolare la presenza nelle sale scontando il prezzo del biglietto su titoli italiani ed europei, non riesce a offrire al pubblico la scelta che meriterebbe. Si finisce così sempre a guardare titoli stranieri, mentre l’iniziativa di cui sopra si avvia inevitabilmente verso un citofonato flop”.
“Fatture false”, denuncia l’avvocato Michele Lo Foco, membro del Consiglio Superiore del Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura. E la vicenda kafkiana della regista e produttrice Antonietta De Lillo, che dirige un film-denuncia…
E, infine, non si dimentichi che già da tempo l’avvocato Michele Lo Foco (nominato dal Ministro Gennaro Sangiuliano nel Consiglio Superiore del Cinema e Audiovisivo, quel Csca presieduto dall’avvocatessa Francesca Assumma) dichiara pubblicamente che, dietro la grandiosa “macchina” del Tax Credit, c’è anche un diffuso “castello di carte” ovvero di… “fatture false”. Si rimanda, tra l’altro, all’intervento IsICult su “Key4biz” del 23 maggio 2024, “Un giudice come Luigi De Magistris per il ‘Tax Credit’? Per l’avvocato Michele Lo Foco il 60 % delle fatture sono false”).
Si ha finalmente notizia dell’interessamento della magistratura rispetto a queste “notizie di reato”.
La vicenda del “produttore criminale” Daniele Muscariello (ovviamente se tale verrà considerato dalla giustizia, in terzo grado di giudizio) si collega in qualche modo alla vicenda della regista e “produttrice romantica” Antonietta De Lillo, che ha presentato il 23 luglio a Roma – in una proiezione di cortesia (riservata a pochi amici ed altri eletti) – il suo nuovo film, “L’Occhio della Gallina”, un’opera autobiografica sulla propria (terribile) esperienza con la “macchina burocratica” dello Stato italiano, in relazione al sostegno pubblico alla produzione cinematografica…
Anche in questo caso, abbiamo a che fare con una… “mala gestione” dei danari pubblici, ma, in questa vicenda, è lo Stato ad aver sbagliato: basti osservare che, rispetto alla richiesta di contributo per il film “Morta di Soap” di De Lillo, si sono registrate addirittura… 9 sentenze (3 del Tar e 6 del Consiglio di Stato), di cui 1 sola in favore del Ministero della Cultura, annullata in secondo grado dal Consiglio di Stato…
Questa vicenda dal sapore un po’ kafkiano dimostra, ovviamente da tutt’altro versante, come la macchina del Ministero della Cultura oscilli tra deficit di controlli ed abuso di discrezionalità nell’assegnazione del sostegno pubblico. Due facce della stessa patologia?!
Questa la sinossi del film “L’Occhio della Gallina” (che riproduciamo dal press-book): “‘L’Occhio della gallina’ è l’autoritratto cinematografico della regista Antonietta De Lillo, relegata ai margini dell’industria cinematografica dopo un contenzioso giudiziario legato alla distribuzione del suo film di maggior successo, che avrebbe potuto consacrarla al grande pubblico. Il racconto della vita pubblica e privata della protagonista, attraverso interviste, ricostruzioni e archivi personali, cinematografici e televisivi, mostra le difficoltà di chi va controcorrente e la creatività e la resistenza necessarie a reinventarsi con i mezzi a propria disposizione. Il film è un racconto che suggerisce metodi per superare l’isolamento celebrando il cinema nel suo ruolo comunitario, culturale e politico”. Abbiamo già dedicato attenzione alla vicenda di De Lillo sulle colonne di “Key4biz”, ma torneremo presto anche su “Articolo21”, perché anche in questo caso emerge naturale la domanda: caso isolato o punta di un iceberg?!
E si resta in attesa dei decreti di riforma della Legge Franceschini, per superare la fase di paralisi del settore cine-audiovisivo, che si sta incomprensibilmente protraendo da troppo tempo: ci si augura che anch’essi impongano criteri che garantiscano maggiore trasparenza, minor discrezionalità e migliore meritocrazia ed adeguati controlli nella gestione della “res publica” culturale.
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz” e collaboratore di “Articolo21”