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Berlusconi/Malpensa: è una malinconica perpetuazione del passato o la prova che il suo modello regge?

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Ma poi cambia davvero qualcosa se intitolano un aeroporto a Berlusconi? Se vai sul sito dello scalo di Orio al Serio trovi scritto Milano Bergamo Airport, mica “il Caravaggio”. Io non sono mai partito dal “Forlanini” per arrivare al “Leonardo da Vinci”, mi è capitato di prendere un aereo a Linate e scendere a Fiumicino. Da un certo punto di vista, dunque, questo blitz leccapiedi sembrerebbe più l’ultima trovata postuma di marketing del Berlusca che un’operazione imperitura.

Però… Però quella scelta rappresenta bene l’Italia. Premiare un pluricondannato, un moderno satrapo, l’imprenditore televisivo che ha peggiorato l’offerta informativa degli ultimi 30 anni è un segnale contemporaneamente di sottomissione e invidia. Evviva lo scaltro, il self made man con la pistola sulla scrivania, l’amico di Putin.
Berlusconi sguazzava nella Milano da bere. Chi non ha vissuto quegli anni probabilmente stenta a comprendere la totale compromissione dell’etica: mano a mano che chiudevano le fabbriche cresceva l’affarismo che aveva bisogno di funzionari pubblici corrotti; stigmatizzati  i giovani che morivano con le siringhe al braccio mentre erano lodati i rampolli che sniffavano autostrade di cocaina; i pacchetti di tessere di partito erano il vero indice di successo. Come redattore di Radio Popolare alle prime armi mi chiesero di lavorare sui movimenti giovanili del pentapartito. Mi applicai al punto che al secondo incontro con uno dei leader di questi movimenti mi sentii proporre di salire ai primi posti dei bandi per le case popolari o se preferivo di fare il prestanome per una delle tante finte cooperative di pulizie. Quel mondo non c’è più, ma non perché le inchieste di Mani Pulite l’hanno spazzato via, bensì perché non ha più bisogno di essere così sfacciato. Da questo punto di vista l’operazione Malpensa/Berlusconi potrebbe essere solo un malinconico tentativo di perpetuare un passato che non c’è più.

Però… Però nel 2011 uno storico serissimo come Antonio Gibelli scrisse – per divertimento, disse un libricino che s’intitolava “Berlusconi passato alla storia” (Donzelli editore) in cui affrontava scientificamente la domanda se il Cavaliere sarebbe davvero passato alla storia. La risposta suonava più o meno così: è stato “il primo populista mediatico” capace di incarnare una
“modernità arcaica” (fantastico ossimoro!). Non avrà certo la fama eterna di un Napoleone, ma il suo modello politico, continuamente perfezionato, ha funzionato.


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