Giorgio Mulè in dialogo con il giornalista Carlo Puca tra i monti di Scanno: “Creiamo le condizioni per non far svuotare i nostri paesi”
Basta con i “borghi monadi”, per fare innovazione, promuovere reti e progettare il futuro delle aree montane, occorre far uscire i paesi dall’ isolamento e renderli capaci di connettersi e fare squadra. Sono d’ accordo i sindaci di Scanno e Villalago (AQ) e quello di Molveno (TN): collaborare alla progettazione del futuro è il primo passo fondamentale per non pagare, ancora una volta, lo scotto dell’ autoreferenzialità.
Ma per far questo è necessario un alto grado di coesione sociale, basata non solo sulla forza atavica di attività agricole e artigiane che oggi sono messe a repentaglio da emigrazioni dei giovani e costi elevati, ma anche sul garantire i servizi fondamentali per gli abitanti over 65, che rappresentano quella silver economy fondamentale per la riorganizzazione urbanistica e il ripopolamento dei borghi, vera ricchezza troppo spesso dimenticata del Paese.
Se ne parla con le istituzioni nel Parco nazionale d’ Abruzzo, dove il comitato Scanno Borgo in Festival ha invitato il vicepresidente della Camera dei Deputati Giorgio Mulè per avere risposte circa i fondi del PNRR su transizione ecologica e un’ innovazione tecnologica che garantisca accesso a lavoro e telemedicina. Tuttavia parliamo di paesi in cui secondo Istat nasce 1 bambino ogni 190 abitanti e in cui l’ inverno demografico si rappresenterà plasticamente, soprattutto nel breve periodo.
Allora ci si interroga su come evitare la desertificazione delle aree interne; non tanto sul perché gli abitanti non tornino, quanto sul perché non siano stati messi in condizione di scegliere se rimanere, come spiega Mulè: “Non solo far tornare gli over 65 ma essere attrattivi anche per i giovani, attraverso l’ offerta di infrastrutture digitali per lo smartworking, nuovi servizi e soprattutto opportunità di lavoro che permettano di far rivivere tutte le attività del borgo”. Come fare? “ Sviluppare interazioni sociali ed economiche, produrre nuovo reddito che venga rimesso in circolo nel territorio, anche attraverso diffusione culturale e disseminazione dei progetti”.
Ottimi propositi anche se sappiamo che molte progettazioni nascono per il rilancio economico e turistico, ma il marketing territoriale finisce spesso per far del bene soltanto a chi lo presenta. Pensiamo ai tantissimi articoli e ai tantissimi webinar del 2020 e del 2021: le narrazioni sui borghi durante la pandemia raccontavano una sorta di trasferimento delle vite dei cittadini nei piccoli centri e hanno prodotto delle immagini falsate. Questo fenomeno non c’è: i rilevamenti e i lavori sul campo dicono altro. Molti di questi progetti consegnano convegni, targhe o pacchetti d’esperienza ma non danno poi, alla fin fine, strumenti economici e finanziari alle popolazioni. C’è l’idea di fondo che la comunità non sia presentabile, e quindi si parla e si scrive per loro, come se la presunzione impedisca di interloquire e di collaborare con la comunità. E ricostruire diventa una dimostrazione di potere, diventa corsa al bando europeo, incetta di finanziamenti, speculazione.
E, con il pretesto della sfida del riabitare e del ripopolare, rischiamo di assistere, ancora una volta, a un atteggiamento predatorio.
Sappiamo che molte strategie messe in campo sono fallite proprio perché autoreferenziali, perché non hanno avuto interazione con le comunità locali. E allora è come parlare di costruire nuove infrastrutture senza mettere al centro i diritti, i servizi alla persona, alla medicina territoriale, alla formazione? A Scanno, splendida località turistica nota per i boschi, il lago, l’ aria salubre e le attività sportive, manca da tempo una scuola, e i 90 studenti sono tutto l’ anno arrangiati presso locali del Comune, come ricorda il sindaco Giovanni Mastrogiovanni che solleva anche qualche preoccupazione circa possibili derive dell’ appena approvata legge sull’ autonomia differenziata.
Rassicura su questo punto Mulè: “La strategia da mettere in campo è una sola, quella bottom-up, vale a dire a partire dalle comunità montane sotto i 5000 abitanti e da quei contesti sociali che per storia e cultura che ci portiamo dietro non possiamo assolutamente abbandonare. Non perdiamo di vista la centralità della persona rispetto a qualsiasi processo decisionale e interroghiamoci sempre, prima di tutto, sui bisogni degli abitanti, sulle loro paure e le strategie di adattamento che hanno individuato, ragionando attorno alle motivazioni di chi è rimasto e di chi se n’ è andato”.
Una ricognizione fuori di retorica sulla situazione in cui versano attualmente le aree interne del Paese, in particolare quelle di montagna come Scanno, e gli interventi necessari per evitare che tra sfruttamento turistico e incuria statale, un pezzo fondamentale della nostra identità collettiva finisca cancellato per sempre. Ricostruendo lo spazio e il linguaggio della democrazia, dei saperi, dell’ artigianato, perché è da lì che si può e si deve ripartire. Dal patrimonio immateriale, come sottolinea Maria Fiorella Rotolo, presidente di Scanno Borgo in Festival e organizzatrice dell’ evento.
Perché, come scriveva Cesare Pavese, “un paese ci vuole anche solo per il gusto di andarsene via” ma ci auguriamo che un paese ci voglia anche e soprattutto per la bellezza e il ristoro di ritornarvi, investirvi e restarvi.