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Il velo sui migranti. Silenzi e ombre sul naufragio del 16 giugno

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Ancora una volta all’improvviso, in un porto diverso dal precedente e nel buio della notte. É così che arrivano altri 5 corpi del naufragio del 16 giugno scorso nello Ionio. 36 le vittime accertate, 35 in tutto le salme recuperare dalla nostra Guardia Costiera dopo la tragedia avvenuta a 120 miglia dalle coste calabresi in area SAR italiana. Forse, 35 o forse 40. L’ipotetica é d’obbligo perché le notizie sin dall’inizio escono e vengono smentite per poi essere riconfermate. Sin dall’inizio infatti le notizie del ritrovamento delle salme vengono tenute nascoste per essere ci fermate all’ultimo minuto mentre gli sbarchi  avvengono  in porti diversi, in orari notturni, e con le telecamere dei media  fuori dai raggi di azione.
Dei primi 6 corpi recuperati si avevano notizie non ufficiali a poche ore dal naufragio: notizie che venivano puntualmente smentite dall’ ufficio stampa nazionale della Guardia  Costiera ma che poi si rivelavano autentiche . E infatti i primi 6 corpi arriveranno poco dopo a Roccella Ionica, altri in seguito a Reggio Calabria.  Ad altri ancora si farà fare la circumnavigazione di mezza Calabria, dallo Ionio al Tirreno, per raggiungere il lontano porto di Gioia Tauro da sempre blindato ai media.
Gli ultimi cinque dei 35 corpi recuperati, verranno portati dalla nave Diciotti a Crotone dove ai  giornalisti sul posto viene vietato l’ingresso (per questo é stato presentato un  esposto dai colleghi della stampa locale in prefettura).
I parenti delle vittime, tra cui ci sono anche alcuni degli undici sopravvissuti, cercano di avere almeno una lapide al cimitero con il nome del parente deceduto. Ma il caos regna totale: con il dubbio forte che creare confusione serva anche per depistare e tenere lontani i giornalisti evitando quell’effetto mediatico che a febbraio del 2023 a Cutro aveva risvegliato la pìetas dell’opinione pubblica e le inchieste parallele della procura di Crotone sulle responsabilità dei presunti scafisti e su quelle delle autorità competenti che non sarebbero intervenute in tempo. Del resto le analogie con Cutro ci sono:  a partire dagli SoS  lanciati prima della tragedia. Mentre ci si chiede come sia possibile che i naufraghi siano rimasti per giorni in mare aggrappati al relitto senza nessun soccorso fino all’intervento dell’equipaggio di una barca a vela francese.
Anche in questo caso, saranno le procure e i tribunali a cercare di dare risposte. Intanto su questa tragedia si sta stendendo il velo dell’oblio.
“Stendiamo un velo pietoso” é un detto di uso comune che ha origine ai tempi della peste quando il volto del deceduto veniva coperto in segno di pietà. In questo caso il velo sui morti, sembra si voglia stendere non tanto per pietà quanto per tenere lontano dai riflettori un’ altra tragedia arrivata ad appena un anno e mezzo dai 94 morti del 26 febbraio 2023 a Cutro.

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