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Moby Prince, l’associazione dei familiari: chiarire la mancanza di soccorsi e attività Agip

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“Vogliamo la verità storica sul disastro della Moby Prince. Purtroppo dopo 33 anni è difficile avere giustizia ma vogliamo sapere perché i nostri cari sono morti e nessuno li ha soccorsi. La commissione di inchiesta presieduta dall’onorevole Pietro Pittalis può mettere la parola fine su questa tragica vicenda nella quale hanno perso la vita 140 persone. Siamo grati al Parlamento che prosegue il lavoro di indagine iniziato nel 2015, lavoro prezioso che ha il grande merito di avere chiarito molti aspetti della vicenda”. Lo hanno detto i presidenti delle associazioni dei familiari delle vittime della Moby Prince, Luchino Chessa (Associazione 10 Aprile-Familiari Vittime Moby Prince) e Nicola Rosetti (Associazione 140) durante la audizione davanti la commissione di inchiesta che si è tenuta stamani a Palazzo san Macuto.

“Adesso abbiamo la possibilità di arrivare alla verità sulle cause del più grande disastro della marineria italiana. Grazie alle due precedenti commissioni – ha detto Luchino Chessa -, che hanno lavorato in spirito bipartisan, oggi sappiamo che le sentenze della magistratura sono state palesemente incomplete ed infondate. Non c’era nebbia quella sera davanti il porto di Livorno, la vita a bordo del traghetto durò molto di più di mezz’ora, i soccorsi si diressero solo verso la petroliera di Eni. Adesso si tratta di mettere la parola fine su quanto accaduto la sera del 10 aprile 1991 chiarendo perché si parlò subito di errore umano e quali erano le attività a bordo della Agip Abruzzo mentre era nella rada di Livorno, oltre alla natura del carico della petroliera”.

“Metà della mia vita – ha detto Nicola Rosetti – l’ho passata dietro a questa vicenda. Inizialmente ci siamo fidati della magistratura; ma con il passare del tempo c’era qualcosa che non tornava e le cose andavano in modo diverso dalla ricerca della verità. Abbiamo capito che si doveva coprire qualcosa. I processi hanno ribadito una versione di comodo fino alla richiesta di archiviazione della Procura di Livorno nel 2010 nella quale noi familiari venivamo accusati di aver fatto perdere tempo alla autorità giudiziaria e fatto spendere inutilmente soldi pubblici. Fino alla sentenza di appello di dicembre 2023 della Corte d’Appello di Firenze che ha rigettato la nostra richiesta di risarcimento ritenendo le conclusioni delle due commissioni di nessun valore; le nostre associazioni apprezzano l’impegno preso dal Parlamento per fare chiarezza sulla vicenda. Ci auguriamo che questa commissione di inchiesta, che ha gli stessi poteri della autorità giudiziaria (come si legge nella Costituzione), completi il lavoro fatto fin qui chiarendo le cause della turbativa alla navigazione della Moby Prince e approfondendo l’accordo che le assicurazioni delle due parti sottoscrissero dopo appena due mesi la collisione. Sappiamo bene che sarà difficile avere giustizia ma la verità la vogliamo, e continuiamo a chiederla”.

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