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Piazza della Loggia: a Brescia il ricordo dell’attacco neofascista alla democrazia

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Alle 10.12 del 28 maggio di 50 anni fa una bomba fascista in Piazza della Loggia a Brescia tentò di fermare l’impegno democratico di sindacalisti e cittadini che si erano radunati per prendere parte a una manifestazione definita soltanto ‘antifascista’. La bomba esplose mentre il relatore Franco Castrezzati, della Cisl pronunciava queste parole: “Almirante che con i suoi lugubri proclami in difesa degli ideali nefasti della Repubblica Sociale Italiana ordinava fucilazioni e spietate repressioni, oggi ha la possibilità di mostrarsi sui teleschermi come capo di un partito che è difficile collocare nell’arco antifascista e istituzionale. A Milano…” L’esplosione, le urla dei feriti e il pianto dei familiari degli otto morti e dei 102 feriti zittirono quel discorso.

Oggi, a Brescia, la matrice neofascista di quella bomba, che poté contare a lungo sulla copertura di apparati deviati dello Stato, di traditori della democrazia costituzionale è stata ricordata con umanità, passione, dolore, dal presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, Manlio Milani, e dal presidente della Repubblica Sergio Mattarela che ha voluto rappresentare la Repubblica come in precedenza fecero solo altri due presidenti, Sandro Pertini e, trent’anni fa, Oscar Luigi Scalfaro.

Mattarella, che al termine del suo intervento nel Teatro Grande è stato accolto da un’interminabile ovazione, dopo aver sottolineato come da allora la coraggiosa e composta reazione di Brescia divenne un esempio per tutto il Paese, ha ricordato quanti e quanto gravi attentati neofascisti precedettero la strage di Piazza della Loggia nel tentativo di attaccare la democrazia costituzionale. Strage seguita poi, nell’agosto successivo, dall’attentato al treno Italicus, fino alla strage di Bologna, neofascista come le altre.

L’obiettivo, ha poi proseguito il Presidente della Repubblica era quello di punire chi manifestava contro i rigurgiti neofascisti ma anche di bloccare le conquiste sociali e politiche che la democrazia aveva conseguito per riportare indietro il Paese verso una stagione oscura e violenta sfociata negli orrori della guerra.

Ora, ha concluso il Presidente, sulla strage di Piazza della Loggia continua la ricerca della verità, perché la verità è un pilastro della democrazia, così come bisogna con forza riaffermare i valori e i principi sanciti dalla Costituzione in materia di diritti, libertà, unità nazionale e respingere e isolare quanti sanno essere soltanto portatori d’odio.

Sceso dal palco, Mattarella ha voluto riabbracciare Manlio Milani, come aveva già fatto prima del suo discorso e poi ha voluto stringere mani e salutare molti presenti mentre veniva subissato dagli applausi.

Come reagirà, a tutto questo, Giorgia Meloni, che si era premurata di definire l’MSI fondato da Almirante, “partito della destra democratica”? Quale altro comizio ci proporrà senza mediazione giornalistica per non rispondere neppure a domande sullo smantellamento dello Stato Sociale, contro cui la CGIL ha avviato una campagna referendaria? Davvero la propaganda continuerà a rifilarci dati sull’occupazione senza che venga spiegato di che occupazione si tratta? E su quale Europa sogna di mettere le mani con i suoi alleati di destra?

La lezione di Mattarella, come tante altre volte ha già fatto, va ben oltre la commemorazione o la ricostruzione storica. È rivolta al presente e al futuro, soprattutto quando ha fatto riferimento al lavoro che si deve fare con le nuove generazioni e che a Brescia, come ha sottolineato Manlio Milani, è già in atto da tempo.

Ma davvero si può pensare di tentare di riscrivere la storia sulla ferocia dei vili attacchi contro persone inermi, tentando di ignorarli o di passarli sotto silenzio? Quel che spaventa di più non è tanto che la seconda carica dello Stato e la stessa Presidente del Consiglio non si dichiarino antifascisti, come sarebbero obbligati a fare dalla Costituzione su cui hanno giurato, ma che non facciano nulla per dimostrare di esserlo.


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